La ricerca e il recupero dei cadaveri, il soccorso in caso di alluvioni e allagamenti, ma persino il ritrovamento di armi, munizioni, stupefacenti, materiale di interesse archeologico e relitti, passando per il rilevamento dell’inquinamento delle acque. È questo il lavoro del Centro subacquei dell’Arma dei Carabinieri. Istituito il 17 luglio del 1953 e dislocato in due nuclei a Genova e Napoli, rappresenta uno dei settori più delicati del corpo militare e con una altissima specializzazione. “Un lavoro al quale ci si approccia con spirito di sacrificio e senza risparmiarsi“, spiega a IlGiornale il luogotenente dei carabinieri subacquei di Genova Maurizio Gargiulo, che ci ha raccontato molti particolari di questo settore così importante quanto delicato. Gargiulo è stato tra i carabinieri che hanno preso parte alle operazioni di soccorso a seguito del naufragio della nave da crociera Costa Concordia, avvenuto la notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012.
Cosa ricorda in particolar modo di quella tragedia?
“Ho tantissimi ricordi. Il primo è quello della speranza, durante le prime ricognizioni all’interno della nave, di trovare qualcuno ancora in vita. Purtroppo speranza vana. Altro ricordo indelebile, è il suono di un forte scricchiolio metallico, durante una immersione per raggiungere il ponte zero, quando sussisteva il rischio dello scivolamento della nave a notevole profondità. Il pensiero andò subito alla mia famiglia, soprattutto se l’avessi più rivista. Ho recitato una preghiera e ho proseguito l’immersione per portare a termine la missione”.
Come si diventa carabiniere subacqueo?
“Bisogna essere già carabiniere e occorre accettare una interpellanza interna, in quanto la specializzazione è esclusivamente su base volontaria. L’iter prevede il superamento di preliminari prove fisico-attitudinali ed approfondite visite mediche. Il corso dura 8 mesi, diviso in tre fasi. La prima fase, della durata di un mese, si svolge presso il Centro Carabinieri Subacquei di Genova durante la quale si viene sottoposti a prove ginniche, natatorie, di acquaticità e di apnea oltre allo studio di nozioni relative all’attività subacquea. La seconda fase, della durata di 6 mesi, si tiene presso il Comando Raggruppamenti Subacquei ed Incursori ‘Teseo Tesei’ di La Spezia, reparto di elite della Marina Militare Italiana, dove si viene addestrati all’uso di vari autorespiratori, alle varie profondità, alle tecniche di ricerca subacquee ed alle tecniche di elicooperazione ed ammaraggio, sino ad ottenere il brevetto di “operatore subacqueo”. Si termina con la terza ed ultima fase del corso, della durata di un mese, presso il Centro Carabinieri Subacquei, durante la quale si svolgono immersioni in altri contesti ambientali quali laghi, fiumi, pozzi, sotto i ghiacci, tutto con particolare attenzione all’utilizzo di tecniche di polizia giudiziaria”.
Che tipo di addestramento è necessario dal punto di vista teorico e fisico per un ruolo di questo tipo?
“L’addestramento è fondamentale per svolgere questo lavoro con professionalità ma soprattutto in sicurezza. I nostri programmi addestrativi prevedono almeno 3 immersioni a settimana, periodicamente svolte alle massime profondità di brevetto, con le varie tipologie di autorespiratori in dotazione e nei vari contesti ambientali (mare, lago, fiume, pozzo, fogne, ecc.). Viene curato costantemente sia l’allenamento fisico che l’aggiornamento teorico e tecnico nello specifico settore. L’operatore subacqueo dell’Arma, inoltre, si addestra periodicamente anche con i Nuclei Elicotteri per attività di soccorso, con il Centro Addestramento Alpino per l’acquisizione di tecniche di roccia e torrentismo, indispensabili per operare in ambienti quali torrenti, forre ecc., nonché si addestra periodicamente anche alle operazioni di primo soccorso sanitario, in quanto tutti gli operatori sono abilitati B.L.S.D”.
Questo lavoro non è soltanto una missione ma viene nutrito dalla passione. In lei com’è nata l’idea di far parte di questo Corpo?
“Sono sempre stato attratto, sin da piccolo, dall’ambiente marino. I miei genitori lo hanno capito subito. Credo che la foto scattata da mio padre quando avevo circa 5 anni, con maschera e pinne, sia eloquente. Da allora ho sempre trascorso le mie vacanze estive in località di mare e ogni giorno passavo ore ed ore in acqua, a scrutare i fondali marini. Da ragazzo poi, grazie a mio zio Costantino, è accresciuta la passione per l’apnea. Quando mi sono arruolato nell’Arma dei Carabinieri ho scoperto che esistevano i Reparti Subacquei. Non mi sembrava vero. Ho accettato la prima interpellanza disponibile e fortunatamente, ma con grande impegno, dedizione e sacrificio, sono riuscito, nel 1996, a diventare un Carabiniere Subacqueo”.
Le operazioni di soccorso sono sicuramente le più delicate. E lo abbiamo visto, ad esempio, negli ultimi mesi con i violenti temporali che hanno creato dei fiumi dove tante persone sono state trascinate via. Con quale spirito si approccia a queste missioni?
“Il soccorso alle popolazioni colpite da eventi alluvionali, a cui fa riferimento, è sicuramente una delle attività in cui si viene messi più alla prova, fisicamente ed emotivamente, già con la richiesta d’intervento, quando bisogna richiamare in caserma tutto il personale, che magari è appena rientrato da una missione, di più giorni, fuori sede. Occorre essere concentrati per approntare tutto il materiale necessario, senza dimenticare nulla, il tutto nel minor tempo possibile per poi raggiungere quanto prima le località alluvionate. Il punto è che spesso, mentre si va a soccorrere qualcuno, lungo l’itinerario di strade allagate si viene sommersi da tantissime altre richieste di aiuto di persone che non sono riuscite a contattare, per mancanza di linea telefonica o di corrente, le unità di crisi. Ci vengono richiesti farmaci urgenti, alimenti per bambini, acqua, viveri, segnalate persone che vivono sole in casa di cui non si hanno notizie.
Quindi con quale animo riuscite ad operare?
“Con la giusta dose di timore ma con coraggio al tempo stesso, con spirito di sacrificio, senza risparmiarsi, con la sola volontà di soccorrere quante più persone possibili, e non ultimo, cercare di sostenere emotivamente chi ha perso tutto. Purtroppo, a volte, anche con grande dolore, ci si trova a dover recuperare qualcuno, che ha perso la vita, intrappolato in una cantina o in un seminterrato allagato, mentre i familiari attendono affacciati ad una finestra dei piani superiori”.
Trasmettere sicurezza a chi ha bisogno di soccorso è sicuramente un elemento fondamentale. Lei cosa dice alle persone in difficoltà per rassicurarle e ricevere collaborazione?
“Non ho frasi o discorsi prestabiliti, dico loro semplicemente di stare tranquilli, che penseremo noi a portarli in salvo. Fondamentale poi, secondo me, è instaurare un contatto fisico e visivo con le persone. Guardarle negli occhi e stringere loro le mani aiuta molto in questo. Poi, mi viene da dire e fare tutto in maniera istintiva e naturale, dato che davanti a me non vedo persone sconosciute, ma è come se ci fossero mia figlia, mia moglie, i miei genitori, i miei nonni e le persone a me care, per le quali sarei disposto a dare tutto me stesso”.
Quali sono le frasi di gratitudine più frequenti che si sente dire a fine operazione?
“‘Grazie’ è la parola che ci viene detta quasi sempre. Ma sono i grazie non detti, quelli che ti vengono trasmessi con gli sguardi, che ti rimangono dentro l’anima per sempre. Moltissime manifestazioni di gratitudine poi, giungono dai familiari delle persone soccorse, rimaste in trepidante attesa di ricongiungersi ai loro cari. Sono io che devo ringraziare loro”.
Ha un aneddoto che porta dentro di sé e che vuole raccontarci?
“Durante il recente evento alluvionale che ha colpito l’Emilia Romagna, abbiamo soccorso nonna Isora e sua nipote Giulia nel cuore della notte, mentre si temeva l’arrivo di un’onda di piena. Alcuni giorni dopo, nonna Isora, novantenne, aveva espresso ai familiari il desiderio di conoscere chi l’aveva presa in braccio e portata in salvo. Ero stato io. La nipote Giulia, avendomi riconosciuto in una diretta televisiva, ha contattato la RAI e chiesto di conoscermi. Fu organizzato, ad insaputa della nonna un incontro durante un programma televisivo. È stata un’emozione unica incontrarle ed abbracciarle. Ancora oggi ci sentiamo. Sono questi gli encomi e le medaglie più belle che si possono ricevere”.
Con l’arrivo dell’autunno dobbiamo fare i conti con i temporali e quindi, potenzialmente, anche con alluvioni e allagamenti. Ci sono dei consigli in materia di prevenzione che può darci?
“È importante cercare di essere già preparati. Innanzitutto, è bene sapere se la zona dove si vive o lavora è a rischio alluvione. Non sottovalutare eventuali allerte meteo e avere un minimo di scorta di acqua, viveri, farmaci indispensabili, nonchè fonti di energia alternative, tipo power bank per cellulari, necessari a garantire un contatto con i propri conoscenti per rassicurarsi sulle loro condizioni, evitando così un intasamento del centralino dei soccorritori. Non bisogna scendere in cantine, seminterrati o garage per mettere al sicuro beni, in quanto si rischia la vita. Detti locali potrebbero allagarsi completamente in pochissimo tempo. Non uscire per strada per mettere al sicuro l’auto e, se si sta guidando, non percorrere sottopassi. Chi vive ai piani terra, deve spostarsi ai piani alti. Non sostare su ponti e non percorrere strade vicine a fiumi e corsi d’acqua che potrebbero esondare improvvisamente a seguito di un’onda di piena”.