La questione sicurezza nei centri di permanenza per i rimpatri è seria. Le rivolte da parte dei migranti trattenuti all’interno delle strutture sono sempre più violente e a rimetterci sono gli agenti delle forze dell’ordine chiamati a placare gli animi. La linea del governo sta premiando, la strada è ancora lunga mai danni causati da anni di lassismo di sinistra sono evidenti. Il caso di Gradisca è salito agli onori delle cronache ma quasi quotidianamente all’interno di questi centri è necessario intervenire per riportare la situazione in sicurezza.
I video dei migranti dal Cpr
Tutto questo non è una novità ma da qualche tempo circolano sui social i video ripresi all’interno del Cpr di via Corelli a Milano, registrati da uno dei migranti in attesa di rimpatrio, che nelle clip non si esime dal filmare sia gli interventi di polizia, con tanto di derisione per gli agenti, sia i momenti quotidiani. In particolare, i video vengono pubblicati da un utente con oltre 21mila follower. Il registro è sempre lo stesso: dimostrare di essere al di sopra della legge, mostrare come lo Stato, in quel caso rappresentato dagli agenti in divisa, sia una pedina da usare a piacimento. Abbiamo raggiunto Pasquale Griesi, coordinatore nazionale reparti mobili del sindacato FSP della Polizia di Stato.
“Ho visto alcuni filmati che girano sui vari interventi delle forze dell’ordine. Da una parte mi viene da dire che, fortunatamente, c’è qualcuno che mostra che in questo centro di espulsione non vi sono mai stati maltrattamenti o abusi, come qualcuno vuole fare credere“, ci dice Griesi non senza una punta di amarezza per le continue accuse che vengono rivolte ai colleghi che quotidianamente operano in quello scenario. Ma nonostante questo, il fatto che vengano girati, e poi diffusi, video dall’interno del Cpr è un unicum, visto che vige il divieto assoluto per chiunque. “Mi sembra un cinema all’aperto: ognuna di quelle persone da espellere può filmare, fumare, si divertono, sanno che anche lì possono fare ciò che vogliono pur essendo in attesa di espulsione“, prosegue il sindacalista, che sottolinea come esista, e sia ben visibile un cartello all’ingresso del centro che impone il divieto.
Ma quel divieto, ci spiega evidentemente “è solo per le forze dell’ordine, le quali sono sottoposte ad un rigido protocollo con il divieto assoluto di pubblicare post di lavoro o in divisa. Noi non possiamo e chi deve essere espulso può filmarci con l’effetto di deridere lo Stato ed i suoi rappresentanti in uniforme“. Non dev’essere piacevole ritrovarsi online mentre si svolge il proprio lavoro nel filmato girato da un migrante in attesa di espulsione che ride di te, che fa in modo di descrivere le forze dell’ordine quasi come “maggiordomi” al servizio di chi ha compiuto un reato ed è in attesa di essere espulso. “Danno anche il caffè”, scrive l’ipotetico influencer del Cpr, riprendendo i poliziotti che distribuiscono le tazzine.
Le difficoltà delle forze dell’ordine
La scritta “lager” comparsa all’esterno del centro, sulla strada che porta al Cpr di via Corelli, non va giù a Griesi, perché sottintende una politica di soprusi da parte delle forze dell’ordine nei confronti degli “ospiti” della struttura. E con sarcasmo, il sindacalista si dice d’accordo con chi ha fatto quelle scritte, intendendole in un modo diverso rispetto alle intenzioni. “Quel posto è un inferno per gli appartenenti alle forze dell’ordine, costretti a tenere sotto controllo la struttura dove gli ospiti sono in attesa di espulsione e non hanno nulla da perdere“, ci spiega facendo emergere il malessere di quanti agenti si sentono quotidianamente demansionati da quelle che sono le loro funzioni di servitori dello Stato, e non dei migranti. “I colleghi ogni giorno devono dimenticare di essere e di fare i poliziotti: si trasformano in pazienti psicologi e soccorritori. Devono sedare le liti e cercare di accontentare i desiderata per evitare che, con ogni pretesto, si creino problemi“, prosegue, lasciando trasparire tutto il dispiacere di una categoria non valorizzata.
E c’è da dire che all’interno di queste strutture non ci sono soggetti “puliti” ma vista la ristretta capacità, circa 1000 posti in tutta Italia, lì vi finiscono i migranti irregolari che rappresentano un serio pericolo per la sicurezza dello Stato. “Ci entra il violentatore, il rapinatore e chiunque è socialmente pericoloso per la nostra comunità“, spiega il sindacalista, tutti soggetti che rappresentano un pericolo per la comunità. “Si tratta di soggetti che dal loro ingresso, illegale, hanno compiuto crimini o creato seri problemi ai cittadini Italiani. Questo grande lavoro viene fatto a salvaguardia anche e soprattutto dei tanti stranieri che in Italia vivono e lavorano onestamente“, ci tiene a sottolineare Griesi.
Rivolta a Milano, ferito un poliziotto
Concentrare un numero elevato di soggetti pericolosi in uno stesso posto è inevitabilmente un fattore di rischio. E infatti sono quasi quotidiane le rivolte che si generano all’interno dei Cpr, in parte fomentate anche dall’esterno, da chi vorrebbe che queste persone venissero lasciate libere di circolare e, quindi, di delinquere. Un’idea che a sinistra è trasversale, dai politici ai militanti, che ben descrive il caos generato negli anni del loro governo, al quale l’esecutivo Meloni sta cercando di rimediare. Considerando i profili di chi si trova all’interno dei centri, e la loro struttura, spiega il sindacalista, queste rivolte “sono difficili da sedare: gli ambienti sono stretti, è impossibile difendersi dai violenti“. L’ultimo caso recente, di cui le cronache hanno dato scarsa o nessuna copertura, riguarda proprio il Cpr di via Corelli, dove “alcuni soggetti hanno rotto e nascosto i soffioni delle docce, che unitamente alle bottiglie d’acqua vengono messi nei sacchetti di plastica usati per essere lanciati o come frusta contro di noi“. Il nostro “influencer” ha ripreso anche questo intervento dei poliziotti, come si evince dal video in cui si vede uno dei suoi “compagni di Cpr” portato via dalla polizia.
Un abuso degli agenti? No, come sottolinea Griesi, perché durante la rivolta, nata proprio perché le docce erano inagibili a causa dei loro furti, “uno di questi ospiti che era in sedia a rotelle con una gamba rotta, ‘miracolosamente’ è riuscito ad alzarsi e, sfilando uno sfollagente a un collega, ha iniziato a picchiare i colleghi intervenuti“. E ad avere la peggio, come è facile immaginare, è stato proprio un poliziotto di lungo corso, che tra pochi mesi andrà in pensione. “Per lui 7 giorni di prognosi per una mano gonfia quanto una gamba“, ci ha detto il sindacalista, che conosce bene le situazioni che si creano all’interno di quel centro.
La necessità di un cambiamento
Ma davanti a tutto questo, come è possibile difendersi? “A oggi, chi entra illegalmente sul territorio nazionale e commetti crimini e reati sa di contare su un’impunità di fatto, determinata dai numeri impressionanti di arrivi degli ultimi anni e dalla grande pressione sui centri di accoglienza“, è la triste ma realistica ammissione del sindacalista, che auspica nuovi accordi con i Paesi di provenienza per ottenere “riconoscimenti tempestivi di appartenenza per chi delinque tramite le ambasciate e, quindi, espulsioni veloci, immediate nei casi più gravi e senza ricorsi che durino anni“. Un lavoro che il governo Meloni ha cominciato ma che richiede tempo per mostrare i suoi effetti. Una strada criticata ma che sta iniziando a mostrare i primi segnali positivi. Serve una comunicazione forte e decisa, conclude Griesi, perché al momento “diamo l’impressione di essere il Paese dove tutto è permesso, questo crea problemi alla sicurezza nazionale e a tutti i cittadini, italiani e stranieri, che pretendono dallo Stato sicurezza e tutele efficaci“.
Il 2024 sarà però l’anno del cambiamento in tal senso, perché il governo Meloni ha avviato il piano di realizzazione di almeno quattro nuovi Cpr in altrettante regioni per aumentare il numero di posti a disposizione ed evitare l’assembramento nei pochi centri esistenti. Questo si aggiunge ai nuovi punti di identificazione e trattenimento sull’impronta di quello di Pozzallo. E non va dimenticato il nuovo centro da aprire in Albania per delocalizzare parte del lavoro di identificazione dei migranti e agevolare l’espulsione di chi non merita asilo in Europa.
Le solite lagne della sinistra
Nonostante sia evidente un problema di sicurezza nel Paese generato dagli stranieri che convergono e che, spesso, non scappano dalle guerre ma dalle prigioni dove erano rinchiusi per reati compiuti nei Paesi di origine, la sinistra si oppone alla soluzione. Il racconto di Pasquale Griesi fornisce una fotografia molto nitida di quella che è la situazione all’interno dei Cpr italiani, dove non si trovano mammolette ma veri e propri criminali che si sono macchiati di reati. Persone capaci di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato. Vista la scarsità di posti a disposizione, in queste strutture non vengono rinchiusi tutti gli irregolari ma viene fatta una cernita precisa per togliere dalla circolazione soggetti che con i loro comportamenti compromettono la civiltà e il quieto vivere delle nostre città. Ma secondo i politici di sinistra queste persone dovrebbero essere rilasciate, non chiuse in sicurezza. E oltre a non volere che i centri vengano migliorati per la sicurezza di tutti, pretendono che vengano tutti chiusi. Una posizione meramente ideologica, che non ha nulla a che fare con il benessere del Paese e il miglior interesse comune. Una battaglia che viene portata avanti con un mero obiettivo politico, senza prendere in considerazione ciò che serve per davvero al Paese.