Salta il banco e cala il sipario per la seconda volta nella storia dell’Ilva di Taranto. Dopo tre mesi di trattative il governo ha dovuto arrendersi all’inevitabile e riconoscere di non avere con il socio privato Arcelor Mittal alcun margine di trattativa: «Entro qualche giorno scatterà l’amministrazione straordinaria per l’intero gruppo siderurgico», annuncia a il Giornale una fonte di governo. Taranto, Genova e Novi Ligure torneranno – a quasi 9 anni di distanza – nelle mani di un commissario straordinario. Un drammatico scenario che il Giornale aveva già delineato lo scorso settembre – ma che il passaggio del dossier dal ministro per le Imprese Adolfo Urso a quello per il Sud Raffaele Fitto – aveva escluso. Ora apprendiamo che tale scenario era stato solo rallentato.
L’epilogo è frutto dell’incontro andato in scena ieri a Palazzo Chigi dopo tre mesi di tensioni alterne. Un vertice attesissimo che nelle premesse avrebbe dovuto portare ad un aumento di capitale che avrebbe rovesciato la maggioranza in Acciaierie d’Italia (la società ex Ilva attualmente partecipata da Arcelor al 62% e Invitalia al 38%).
All’appuntamento erano presenti per l’esecutivo i ministri Giancarlo Giorgetti, Raffaele Fitto, Adolfo Urso, Elvira Calderone insieme al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Per la delegazione aziendale, tra gli altri, il ceo di Arcelor Mittal, Aditya Mittal, e il numero uno di Invitalia, Bernardo Mattarella.
Come da copione, «la delegazione del governo – informa una nota di Palazzo Chigi – ha proposto ai vertici dell’azienda la sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, pari a 320 milioni di euro, così da concorrere ad aumentare al 66% la partecipazione del socio pubblico Invitalia, unitamente a quanto necessario per garantire la continuità produttiva». Ma Arcelor Mittal, nonostante le aperture degli ultimi giorni, si è rifiutata di «assumere impegni finanziari e di investimento, anche come socio di minoranza».
A questo punto il governo ha incaricato Invitalia di assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale. Ufficialmente il braccio operativo del governo guidato da Bernardo Mattarella non ha svelato la propria strategia, forse anche in vista dell’incontro con le organizzazioni sindacali, convocate dall’esecutivo per il pomeriggio di giovedì 11 gennaio. Ma una fonte di governo spiega che «liquidare il socio non è possibile o è molto difficile, e quindi l’unica modalità possibile è quella di attivare la proceduta di amministrazione straordinaria». D’altra parte è pronta da mesi la norma su misura, il decreto 2/2023: per le imprese che gestiscono uno o più stabilimenti di interesse strategico nazionale non quotate l’ammissione immediata alla procedura può avvenire su istanza del socio pubblico detentore di almeno il 30% delle quote societarie, quindi Invitalia.
Una situazione complessa per l’indotto e i 10.500 lavoratori diretti con i sindacati che ancora ieri chiedevano «una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e garantisca il controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale».
In generale, dopo le novità emerse, non è un caso che proprio ieri un Dl del ministero del Lavoro abbia definito che «per le imprese di interesse strategico nazionale» con almeno 1.000 lavoratori dipendenti è stabilito un ulteriore periodo di cig per tutto il 2024. La norma dovrebbe perciò riguardare anche i dipendenti di Acciaierie d’Italia. Al momento sono in cassa integrazione sono stati collocati circa 3mila lavoratori.