Ma a che serve il metaverso? Ne abbiamo sentito così tanto parlare che ancora non abbiamo capito il motivo della sua (non) esistenza. Ma per fortuna – anzi no – c’è sempre qualcuno che viene in soccorso della nostra ignoranza. È la storia della Storia: ogni cosa che l’Uomo fa, trova un uomo – o più di uno – che disfa. L’energia nucleare? Sarebbe dovuta essere utilizzata per accendere i consumi elettrici e ha quasi finito per spegnere il mondo. E vogliamo parlare della dinamite? Serviva per costruire ponti e ha distrutto muri, nonché vite. Con rispetto di Alfred Nobel e dei sui colleghi scienziati, insomma, gli esempi non mancano dai tempi dei nostri primi antenati, così adesso è già tempo di assegnare l’«ignobel» del Terzo Millennio, e soprattutto spiegare cosa sia il metaverso.
Trattasi dunque di un mondo virtuale, nato per replicare quello vero in modo da farlo progredire: la spiegazione che darebbe un informatico, più o meno, è questa. Peccato però che in questa seconda vita, a cui si accede via internet e con un visore, siano presenti sempre quelli che incontriamo nella prima. E in Gran Bretagna, una ragazza di 16 si è trovata con il proprio avatar (ovvero il suo Io nella rete) circondata da cyberenergumeni, finendo poi nella loro rete (con la r minuscola). E quindi: niente danni fisici, ma ovviamente quelli molto psicologici, tanto che è partita la denuncia di stupro, la prima nel metaverso (che bel record). Scotland Yard indaga, come nei migliori gialli, ed è intevenuto anche il ministro dell’Interno James Cleverly per chiedere il pugno duro: «Troppo facile liquidare questi incidenti come se non fossero veri». Purtroppo, invece, tutto vero lo è, così come la domanda che lascia un episodio come questo: più che il metaverso, a che cosa serve l’Uomo?