Da tempo ormai si parla per l’Italia di decremento demografico, ma la denatalità è al momento al suo minimo storico: si parla di 1,2 figli di ogni donna, rispetto non solo alla media europea di 1,5 figli, ma della stessa media italiana del passato, che appunto corrisponde all’attuale media in Europa. In tanti hanno analizzato le ragioni del fenomeno, ma si parla troppo poco spesso della salute riproduttiva maschile e di quanto essa possa rappresentare una concausa.
Per questo interviene nel dibattito sulla denatalità la Società italiana di andrologia (Sia) e lo fa soprattutto per informare sulla prevenzione. “Ogni donna – commenta all’Adnkronos il presidente della Sia Alessandro Palmieri – partorisce in media 1,2 figli rispetto ai 1,5 di qualche anno fa, che è poi la media europea. In Europa siamo la nazione che fa meno figli, come italiani stiamo andando verso ‘l’estinzione’. Quello che possiamo fare come società scientifica è evitare che la coppia si rivolga a noi, in particolare il maschio, intorno ai 40-50 anni di età, quando ormai è difficile poter fare qualcosa”.
Nel 2008 sono nati in Italia 530mila bambini, mentre nel 2022 le nascite si sono attestate su un numero molto più basso, 393mila. Per il 2023 si stima che ci sia stato un ulteriore calo dell’1,7%, corrispondente a 3500 nascite in meno all’incirca, rispetto all’anno precedente. Questo dato però è parziale e corrisponde solo ai primi mesi del 2023, quindi bisognerà attendere per capire se la tendenza sia confermata o sia addirittura al di sopra delle proiezioni.
Tra le cause della denatalità ci potrebbero essere la mancanza di stabilità, economica ma anche emotiva delle coppie, la difficoltà per chi vuole diventare genitore di conciliare la famiglia con un lavoro molto spesso precario, la mancanza di servizi alle famiglie, come per esempio l’assistenza sanitaria o gli asili nido, e naturalmente tante altre ragioni che potrebbero variare da persona a persona, da coppia a coppia. La Sia parla di prevenzione anche per questo: lo scopo è mettere in condizione le future famiglie di avere figli, dar loro la libertà di procreare.
Per farlo, “dobbiamo intercettare il giovane diciottenne. A tale proposito abbiamo fatto delle campagne informative sul territorio nazionale. Nella regione Friuli-Venezia Giulia, ad esempio, qualche anno fa è stata lanciata una campagna in cui a tutti i 18enni era stata regalata una visita dall’andrologo, un consulto per intercettare le malattie tempestivamente” prosegue Palmieri.
Le informazioni sulla salute riproduttiva maschile e le banche dello sperma possono mettere in condizione i futuri genitori di proliferare appunto, e quindi a non essere costretti a non avere bambini perché, dal punto di vista riproduttivo, è troppo tardi o c’è stato un problema. “È fondamentale – conclude Palmieri – far passare il messaggio di mettere da parte uno sperma in una apposita banca. Un concetto che è superiore alla prevenzione perché questo significa che dopo qualsiasi trauma o incidente possa accadere nella vita di un giovane, lo stesso può ricorrere al seme che ha messo da parte per poter poi avere figli. Ci sono tantissime cose che una società come la Sia può fare nel campo della denatalità e dare una mano anche alle istituzioni”.