È dal procedimento dell’Antitrust, che nelle scorse settimane ha multato le società di Chiara Ferragni e la Balocco per 1,4 milioni di euro per il cosiddetto “Pandoro Gate”, che sono partiti i pm milanesi. Sono quindici giorni ormai, da quando la guardia di finanza ha ricevuto dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco la delega a indagare, che il carteggio di contratti e mail che faceva parte di quell’indagine ispettiva è al centro delle analisi dei magistrati. E che ora hanno proceduto a iscrivere nel registro degli indagati l’imprenditrice digitale e anche, dopo il verbale di identificazione, la presidente e ad dell’azienda di Fossano, Alessandra Balocco.
Truffa aggravata dalla minorata difesa: è l’ipotesi di reato della procura di Milano. Un reato in base al quale i magistrati possono procedere d’ufficio, quindi senza la querela da parte dei singolo consumatore che acquistò il pandoro, più la prova dello scontrino. Al centro dell’inchiesta c’è in primis lo scambio di email tra il team Ferragni e lo staff della Balocco prima della stesura del contratto, per valutare se vi sia stata la volontà di una parte, o di entrambe, di raggirare scientemente il consumatore. E anche tutta la comunicazione della campagna natalizia del Pink Christmas: cioè la pagina sul sito della Balocco, il comunicato stampa e soprattutto i post e le stories in cui l’imprenditrice digitale invita i suoi follower all’acquisto del pandoro con lo spolvero color pastello.
A far rizzare le antenne agli inquirenti è stato anche il video in cui Chiara Ferragni, nei giorni seguenti alla maxi-sanzione da 1,4 milioni, si scusa della (finta) beneficenza. Possibile che proprio l’imprenditrice, che ha costruito un impero di follower e milioni sulla sua immagine 2.0, si sia auto-inguaiata? Sì, è possibile. “Me lo ha fatto vedere mio figlio”, ammette una autorevolissima fonte dell’inchiesta. Ed è qui che l’inquirente, che ha diversi lustri di carriera alle spalle, ha sentito puzza di bruciato. Ciò che sembrava perfetto perché studiato nei minimi dettagli la voce rotta, il tutone grigio (non facciamoci ingannare dall’aspetto: costa 600 euro), le lacrime di ordinanza – in realtà perfetto non era. Al punto che la stessa fonte si chiede se Ferragni si sia consultata con un avvocato, prima di fare partire il video.