Chiara Ferragni, Aboubakar Soumahoro e Mimmo Lucano. Tre personaggi molto diversi tra loro, ma accomunati da una venerazione quasi mistica da parte della sinistra radical-chic che li ha osannati fino a che, per motivi diversi, sono caduti in disgrazia.
Dopo il grande successo del Sanremo del 2023 c’era persino chi già vedeva Chiara Ferragni seduta a Palazzo Chigi al posto di Giorgia Meloni. I quasi 3 milioni di followers, al netto di coloro che non sono ancora in età di voto, costituivano un ipotetico ghiotto bacino elettorale da cui attingere per un’eventuale discesa in campo. La fashion blogger, nominata nel 2017 “l’influencer di moda più importante al mondo” dalla rivista Forbes, colei che nel 2020 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro “per l’impegno nella raccolta fondi a seguito della pandemia di COVID-19”, era considerata quasi come una dea intoccabile e inarrivabile. Basti pensare che, il 25 aprile del 2021, in occasione della ricorrenza del giorno della Liberazione, il Corriere della Sera titolava in prima pagina: “Valeri, Ferragni e le altre eroine che hanno fatto l’Italia”.
Il consenso, in quel periodo, era unanime e garantì ai Ferragnez un’ascesa senza eguali culminata in una docu-serie prodotta da Amazon. Ma non solo. La Tod’s nominò la Ferragni membro del suo consiglio d’amministrazione per il suo impegno sociale e la sua vicinanza al mondo dei giovani. Ora, invece, dopo il ‘pandoro-gate’, c’è un fuggi-fuggi generale e continuo da parte di tutti i più grandi brand nazionali e internazionali. Chi prima la vedeva come una paladina dei diritti civili, ora ne prende le distanze, per esempio Amadeus. A sinistra, invece, soprattutto con Elly Schlein segretaria, vige la regola del silenzio: quando non puoi parlar bene di qualcuno, meglio tacere.
È ciò che è successo al deputato Aboubakar Soumahoro che, prima dello scandalo che ha investito sua moglie e sua suocera, era considerato una vera e propria icona, un paladino dei deboli e degli indifesi. L’Espresso gli aveva dedicato una copertina in cui lo metteva a confronto con Matteo Salvini, il tutto accompagnato da un titolo molto eloquente: “Uomini e no”. Il conduttore di Propaganda Live, Diego Bianchi, lo aveva più volte ospitato nella sua trasmissione e soprattutto aveva documentato la sua attività di sindacalista seguendo il suo operato tra i braccianti del foggiano. Quando Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli presentarono la sua candidatura alle Politiche del 2022 erano emozionati e onorati di avere Soumahoro nelle loro liste, ma entrambi lo hanno ripudiati pochi giorno dopo lo scoppio dello scandalo che ha travolto lui e la sua famiglia.
Una sorte molto simile è toccata anche a Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace e ideatore di un sistema di accoglienza dei migranti che per molti anni è stato preso a modello, persino a livello internazionale. Nel 2010 è terzo nella World Mayor, un concorso che decreta i migliori sindaci del mondo e, sempre nello stesso anno, viene intervistato nel cortometraggio di Wim Wenders, Il volo, film ispirato alla sua storia in cui Lucano viene interpretato da Ben Gazzara. Nel 2016 la rivista americana Fortune lo inserisce tra i 40 leader più influenti al mondo, mentre l’anno successivo riceve il premio per la pace dal comune di Dresda. Sempre nel 2017 viene realizzata la fiction (mai andata in onda) Tutto il mondo è paese per la quale Beppe Fiorello viene chiamato a interpretare la parte di Mimmo Lucano. È il canto del cigno per il sindaco di Riace che, di lì a poco, dovrà difendersi dai processi a suo carico e sparirà dai radar mediatici. Anche l’ipotesi di una candidatura col centrosinistra a presidente della Calabria svanisce inevitabilmente come neve al sole. Lucano, nel 2021, sostiene la candidatura di Luigi De Magistris e si candida come capolista di Sinistra Italiana ottenendo meno di diecimila voti personali…