Nato dapprima come romanzo per ragazzi firmato da Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato è un film che è stato portato più volte sul grande schermo. Prima nel 1971 con Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato con Gene Wilder nei panni del famoso cioccolataio e poi nel 2005 dal regista Tim Burton, con La fabbrica di cioccolato, che è il film che va in onda questa sera (domenica 7 gennaio) alle 21.20 su Italia 1. Di questa storia è stato realizzato anche un prequel, Wonka, appena uscito in sala. E sebbene quest’ultimo sia stato in qualche modo “zuccherato” ed edulcorato per andare incontro ai nuovi gusti del nuovo pubblico, in realtà il film del 2005 preserva tutte le caratteristiche più “scomode” della storia di partenza.
La fabbrica di cioccolato, la trama
Charlie (Freddie Highmore) è un ragazzino dal buon cuore, ma estremamente povero, che vive in una catapecchia sbilenca insieme ai genitori e ai quattro nonni. Nonostante non abbia nulla di materiale, Charlie appare tutto sommato un ragazzo felice e allegro. Intanto, mentre il ragazzino vive la sua vita come al solito, il misterioso cioccolataio Willy Wonka (Johnny Depp) organizza un concorso per i bambini: qualsiasi bambino riuscirà a trovare uno dei cinque biglietti d’oro nascosti nelle tavolette di cioccolato Wonka avrà la possibilità di visitare la famosa fabbrica di cioccolato di cui tutti vogliono rubare i segreti e che sembra essere entrata in crisi. Pian piano tutti i biglietti cominciano a venire in superficie, in mano a ragazzini viziati o fastidiosi. Nessuno potrebbe mai immaginare che l’ultimo dei golden ticket finisca in mano proprio a Charlie che, insieme a suo nonno (David Kelly), si reca nella fabbrica di cioccolato, pronto a vivere misteriose e affascinanti avventure.
La storia politicamente scorretta di Roald Dahl
A prima vista La fabbrica di cioccolato potrebbe apparire “solo” come una bella storia per bambini che omaggia coloro che hanno una bontà d’animo tale da comprendere che la vera ricchezza non è quella data dai soldi o dal successo, ma dagli affetti e dai legami che si instaurano nella vita. A ben guardare, però, l’opera firmata da Roald Dahl è un’opera scritta da un artista che non si faceva alcun problema a suggerire ai suoi lettori che i bambini spesso potevano essere cattivi, insopportabili e per niente carini e dolci come voleva la letteratura a loro dedicata. Ecco allora, come sottolinea anche il sito dell’Internet Movie Data Base, che Roald Dahl non scrisse un’opera per celebrare i bravi bambini, quanto piuttosto per “punire” quelli cattivi. Nei personaggi di Augustus, Veruca, Violet e Mike lo scrittore aveva riversato tutto il suo odio – per cui era famoso – per i bambini viziati, capricciosi, abituati ad avere tutto quello che il loro cuore avido desidera, senza preoccuparsi minimamente degli altri. Allo stesso modo, nel personaggio del piccolo Mike TV, Roald Dahl criticò la diffusione e il “potere” della televisione, intesa soprattutto come strumento di corruzione e appiattimento culturale.
Questo astio nei confronti dei suoi co-protagonisti, che hanno cooperato a rendere Roald Dahl uno scrittore politicamente scorretto è sottolineato dal fatto che nel suo romanzo per l’infanzia ci sia una certa violenza. Willy Wonka appare quasi come un folle sadico, un uomo che non si fa scrupoli a punire in modo violento e feromente soddisfatto i bambini che non appaiono all’altezza dei suoi stessi standard morali. D’altra parte, il fatto che Roald Dahl fosse uno scrittore considerato scorretto è stato confermato dalla folle iniziativa “scoperta” dal Telegraph, secondo cui molte opere dello scrittore sono state censurate o, addirittura, ri-scritte per far sì che andassero incontro al bisogno moderno di non offendere nessuno e di impedire che i bambini imparino il concetto di conflitto.
Una vera e propria opera di censura che ha fatto scoppiare una polemica che ha coinvolto scrittori e lettori, sottolineando quanto fosse amorale modificare il lavoro di uno scrittore dopo la sua morte, modificandone il pensiero e i messaggi contenuti nei suoi romanzi. Infine il carattere politicamente scorretto di Roald Dahl e della sua storia si può rivedere nella scelta del suo protagonista: Charlie non è l’eroe della storia perché ha effettivamente delle qualità positive. Lo è solo perché non è insopportabile come gli altri bambini.