Delitto di via Poma. Nuova pista sul misterioso killer di Simonetta Cesaroni, la segreteria dell’Associazione Ostelli della gioventù trucidata il 7 agosto 1990 a Roma, nel rione Prati. A uccidere la ragazza sarebbe stato il figlio del portiere, Mario Vanacore. Ma l’informativa dei carabinieri non trova riscontri tanto che per il pm, Gianfederica Dito, il caso è chiuso. Da archiviare senza se e senza ma. Una ricostruzione, secondo la Procura, «fondata su ipotesi e suggestioni che, in assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria, non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato». Insomma aria fritta per la Dito, magistrato di spessore, va sottolineato, che non lascerebbe nulla di intentato se davvero ci fosse il minimo indizio nei confronti di Vanacore junior.
Nel 2022 gli inquirenti sono ripartiti da zero sul caso che ha sconvolto la capitale oltre 33 anni fa, su input della famiglia Cesaroni che aveva presentato un esposto per trovare l’assassino. Infondate le nuove prove su un terzo uomo portate a piazzale Clodio, dopo 32 anni, dall’allora capo della squadra mobile Antonio Del Greco.
Dopo le accuse cadute nel vuoto a Pietro Vanacore, arrestato per delle macchie di sangue, il suo, trovate sui pantaloni, e all’allora fidanzato della Cesaroni, Raniero Brusco, sotto processo e poi scagionato in secondo e terzo grado, Del Greco parla di un fantomatico personaggio il cui alibi sarebbe smentito da una donna. Ma anche questa pista viene presto abbandonata.
E allora i carabinieri vanno in una nuova, inedita, direzione. Quella che vedrebbe il figlio di Pierino Vanacore, suicida proprio alla vigilia della sua testimonianza in aula, come il misterioso personaggio entrato nell’ufficio della Cesaroni approfittando dell’assenza del padre, fuori per una seduta di fisioterapia alla schiena. Anche la moglie, Giuseppa De Luca, è assente. Sono passate le 15,40 di un afoso pomeriggio di agosto. Roma, Prati, sono semideserte. Simonetta, in servizio da appena due mesi, è al computer. Secondo gli investigatori Mario entrerebbe nell’ufficio tra le 17,50 e le 18,15 per fare alcune telefonate a sbafo. Crede che in ufficio non ci sia nessuno e per entrare usa le chiavi prese in portineria. Quando si accorge di Simonetta perde la testa, prova a violentarla, la ragazza si ribella e lui, dopo averla stordita, afferra l’arma del delitto, forse un tagliacarte, e la uccide sferrando i 29 colpi. Prima di uscire lasciare varie tracce di sangue sul telefono, su una maniglia e, soprattutto, la sua agenda, la famigerata agenda Lavazza, che resta ancora oggi l’elemento più misterioso del giallo. Simonetta viene uccisa fra le 17.15, quando riceve l’ultima telefonata, e le 18,30. Fino all’arrivo della sorella della vittima, dopo le 23, l’intera famiglia Vanacore avrebbe cancellato tracce e impronte sulla scena del delitto.