“Doveva lasciare prima, ora è troppo tardi”. Il duro affondo dell’Economist contro Biden

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“In cammino ad occhi chiusi verso il disastro”. Così sentenzia l’editoriale apparso sul nuovo numero dell’Economist che ospita una lunga analisi sul pessimo stato in cui versa la campagna di Joe Biden in vista delle elezioni di novembre per la Casa Bianca. A riassumere le perplessità dell’autorevole settimanale ci pensa poi anche la copertina dell’edizione cartacea in cui l’ottantunenne presidente degli Stati Uniti è affiancato ad una vecchia macchina. Il tutto accompagnato da un interrogativo che suona quasi come uno slogan: ”Prodotta nel ‘42, adatta per la strada nel ‘24?”

“La politica americana è paralizzata da una contraddizione grande quanto il Grand Canyon” scrive l’Economist secondo il quale “i democratici sostengono con fervore che una rielezione di Donald Trump condannerebbe la democrazia del Paese. Eppure, nel decidere chi contrapporgli alle presidenziali il partito sembra volersi sottomettere docilmente alla candidatura di un ottuagenario con il peggior indice di gradimento di qualsiasi presidente in questa fase del suo mandato”. La rivista riconosce che il miliardario non dovrebbe comparire sulle schede elettorali a causa dei suoi infiniti guai legali ma la strategia del partito dell’asinello di puntare ancora una volta su un impopolare ed anziano esponente politico che aveva promesso una “presidenza di transizione” è un assist clamoroso al tycoon.

Se l’inquilino della Casa Bianca avesse rinunciato con largo anticipo a correre per un secondo mandato “sarebbe stato ricordato come un esempio di pubblico servizio, oltre a rappresentare uno smacco all’ego infinito di Trump”, sostiene il settimanale che già l’anno scorso aveva invitato il vecchio Joe a farsi da parte e a preparare così la strada ad una nuova generazione di politici democratici. “Ora però è troppo tardi” afferma l’Economist che considera una mossa disperata ed incauta la ricerca di un’alternativa a Biden nella fase attuale. A supportare tale tesi vi è un precedente storico. L’ultima volta che un presidente uscente ha abbandonato la corsa per la rielezione è stato Lyndon Johnson nel 1968. Erano gli anni della guerra del Vietnam e della lotta per i diritti civili. L’impopolarità di cui godeva l’ex vice di John F. Kennedy lo convinse a farsi da parte. Ne seguì il caos. Uno dei favoriti, Robert Kennedy fu assassinato e alla fine venne selezionato un candidato debole, Hubert Humphrey, che fu travolto dal repubblicano Richard Nixon.

Se un ritiro volontario di Biden al momento sembra escluso, la rivista britannica prova ad immaginare cosa potrebbe accadere qualora un problema di salute costringesse il presidente ad annunciare la conclusione della sua campagna per la rielezione. La numero due Kamala Harris, il governatore della California Gavin Newsom, il governatore dell’Illinois J.B. Pritzker, il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg e il segretario al Commercio Gina Raimondo. Sono solo alcuni dei politici del partito democratico che potrebbero scendere in pista aprendo le porte a giochi di potere dietro le quinte della convention di Chicago dagli esiti difficilmente prevedibili.

La verità è che per i democratici “non esiste un piano B” , conclude l’Economist. E la responsabilità ricade su tutti gli esponenti del partito del presidente che nei suoi confronti sono stati “codardi e compiacenti”. Un comportamento simile a quello adottato dai repubblicani con Trump il quale però nei sondaggi è sempre in testa. E adesso, nonostante tutto e “complice” il suo grande rivale, per il miliardario la Casa Bianca sembra di nuovo davvero a portata di mano.

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