Il buon senso è sotto attacco. Negli ultimi mesi si è acceso il dibattito riguardo l’influenza della religione woke sull’arte, basti pensare agli interventi a posteriori che hanno riguardato le opere letterarie, dai libri di Roald Dahl a quelli di Agatha Christie. Anche il cinema deve fare i conti con gli effetti del politicamente corretto e non parliamo solo delle balzane regole inclusive che entreranno in vigore dalla prossima edizione degli Oscar. L’ultima “geniale” trovata è stata registrata in Regno Unito: la nuova rassegna lanciata dal British Film Institute (Bfi) di Londra, che include celebri pellicole cult di James Bond degli anni Sessanta, contiene un controverso avviso a proposito dei presunti “contenuti considerati oggi offensivi”.
Il disclaimer avverte il pubblico che tutti i film della rassegna John Barry: Soundtracking Bond and Beyond “contengono linguaggio, immagini o altri contenuti che riflettono le opinioni prevalenti all’epoca, ma causeranno offesa oggi”. Ma non solo: “I titoli sono inclusi qui per ragioni storiche, culturali o estetiche e queste opinioni non sono in alcun modo approvate dal BFI o dai suoi partner”. Linguaggio e atteggiamenti sessisti e razzisti, l’accusa rivolta ai film sullo 007 più amato al mondo, già al centro di polemiche in passato: nato dal genio di Ian Fleming, James Bond ha già dovuto fare i conti con interventi di revisione e inserimenti di apposite avvertenze. Follia allo stato puro.
L’assurda iniziativa riguarda due dei film più amati della saga di James Bond: “Si vive solo due volte” e “Missione Goldfinger”. Secondo i soloni, il primo conterrebbe “stereotipi razziali obsoleti” perché la spia – interpretata da Sean Connery – in una sequenza finge di essere un cittadino giapponese. Nel secondo, invece, viene posto l’accento sulle scene sensuali, in particolare in quelle in cui Bond si impone fisicamente sul personaggio di Pussy Galore, interpretata da Honor Blackman. In una lettera del 1959 riguardante il romanzo da cui è stato tratto il film, Fleming spiegava che questa “imposizione delle mani” da parte dell’“uomo giusto” era necessaria per “curare” il carattere omosessuale della “sua malattia psicopatologica”.
Interpellato dal Guardian, un portavoce della BFI ha evidenziato: “In quanto ente di beneficenza culturale responsabile della conservazione dei film e delle immagini in movimento e della loro presentazione al pubblico, affrontiamo e affrontiamo continuamente le sfide presentate dalla storia dei programmi cinematografici e televisivi e il modo in cui riflettono le opinioni prevalenti del loro tempo”. Per l’esperto, la BFI ha una responsabilità nel modo in cui presentare determinate pellicole, in particolare per i contenuti potenzialmente offensivi. Purtroppo si tratta di una criticità che riguarda anche le ristampe moderne dei libri di Fleming, sempre corredate con disclaimer bislacchi: “Questo libro è stato scritto in un momento in cui termini e atteggiamenti che potrebbero essere considerati offensivi dai lettori moderni erano all’ordine del giorno. In questa edizione sono stati apportati numerosi aggiornamenti, mantenendosi il più vicino possibile al testo originale e al periodo in cui è ambientato”.