Le nostre vite ammanettate al cavo di uno smartphone

La distopia dei social

Tutta la nostra vita è racchiusa in pochi pixel. Le nostre gioie, i nostri dolori, le nostre confessioni e i nostri segreti. Ma pure i nostri conti correnti, le nostre carte di credito e i nostri referti. Diamo in pasto ai nostri smartphone tutti noi stessi. Perché sono comodi e sempre a portata di mano. Perché ci fanno risparmiare tempo, anche se poi sono più le ore che passiamo online di quelle offline. I telefonini ci rendono reperibili in ogni momento e in (quasi) ogni luogo. Sono la coperta di Linus che ci fa sentire al sicuro. Almeno fino a quando non accade l’imprevisto: li dimentichiamo chissà dove e non li ritroviamo più, oppure ci vengono sottratti da qualche ladro. Ed è a questo punto che ci sentiamo persi. Smarriti. Addio, telefonino. Addio, coperta di Linus. Certo, c’è il Cloud che ci guarda dall’alto e che tutto conserva, anche ciò che pensavamo di aver rimosso da tempo. E ci sono pure il Pin, le impronte digitali e il riconoscimento facciale per la sicurezza dei nostri dati. Ma quel telefono ormai non c’è più ed è alla mercé del suo nuovo padrone che, attraverso qualche trucco del mestiere, può sapere tutto di noi. Può mettere mano ai nostri conti correnti, utilizzare le nostre carte di credito, scoprire se abbiamo un’amante o dei debiti, se siamo malati o se abbiamo problemi in famiglia. E noi possiamo anche provare a bloccare tutto ma saremo sempre in ritardo perché in quel telefonino abbiamo memorizzato quelle password che, per pigrizia, ormai non ricordiamo più. .Hanno tutto, gli smartphone. Sono onnipotenti e ci fanno sentire onnipotenti. Ci permettono di sapere e fare tutto in pochi secondi. Non hanno più alcun cavo in grado di vincolarci ad un luogo. Se non quello che ci fa dipendere da loro. E che, forse, ci rende tutti un po’ più schiavi.

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