Cortocircuito progressista. Dopo aver messo in discussione la famiglia tradizionale, ora a sinistra scomodano il cosiddetto patriarcato per difendere la definizione di papà. Potrebbe sembrare strano e probabilmente lo è, ma non per chi vede il pericolo sessista persino nelle parole del linguaggio comune. Sui social, la deputata di Alleanza Verdi e Sinistra, Eleonora Evi, ha lanciato un appello proprio in tal senso. “Nella mia famiglia ad occuparsi di nostra figlia Erica è Simone, mio marito, suo papà. Eppure per la nostra società sembra una cosa ancora così strana, così irrituale. Tanto che spesso Simone si sente dire che lui sia un ‘mammo‘. Questa non è una forma di patriarcato? Si, e pure insidiosa e dura da scardinare“, ha scritto.
Poi ha aggiunto: “Soprattutto in Italia, se in una famiglia è la donna a lavorare, magari con un lavoro importante come il mio, sia ancora così difficile pensare che possa essere l’uomo ad occuparsi dei figli? E sia anche necessario femminilizzarlo, chiamandolo mammo, per inquadrarlo negli schemi incrostati di maschilismo“. Ora, vorremmo rassicurare la parlamentare: il nostro Paese è per fortuna pieno di padri che accudiscono i figli e che aiutano le loro compagne nel seguirne la crescita. Nella famiglia, entità che a sinistra qualcuno considera obsoleta e dunque da sorprassare, funziona infatti così e questo avviene al di là di diciture colloquiali – come quella di “mammo“, appunto – che possono non piacere (e in effetti non convincono nemmeno noi) ma che non ci sembrano nascondere intenzioni discriminatorie.
Secondo la deputata Evi, però, la questione sarebbe anche politica. “Qualche giorno fa, dopo le incredibili e assurde dichiarazioni della senatrice di FdI per cui l’unica ambizione delle donne dovrebbe essere quella di diventare madre, un quotidiano mi ha intervistata per chiedere un commento e sapere come io riesco a conciliare famiglia e lavoro. Ho risposto che è grazie a mio marito che si occupa di Erica e insieme facciamo la spola Milano-Roma ogni settimana. Il problema qui è essere liberi di scegliere. Noi abbiamo scelto in questo modo e va bene così, senza chiamare “mammo” un papà…“, ha proseguito infatti la parlamentare, evocando le parole della senatrice Lavinia Mennuni (Fdi) che avevano scandalizzato oltremodo la sinistra.
Prima ancora che col presunto patriarcato, tuttavia, la compagine progressista dovrebbe fare i conti con le sue stesse contraddizioni. La deputata Evi chiede infatti che si parli di “papà” e non di “mammo“: benissimo. Ma non ricordiamo sue contestazioni a quei colleghi di sinistra che – nel nome dell’inclusione a tutti i costi – auspicavano la definzione di “genitore” uno e due al posto di mamma e papà pure nei documenti (soluzione poi raramente adottata, per fortuna). Quella non era forse un’insidiosa formula che negava l’identità di padri e madri in nome di una generica e impersonale dicitura?