Non solo un diamante, anche una zuppa può essere per sempre. O quasi. È il caso degli affascinanti e misteriosi “stufati perpetui“, “zuppe eterne o brodi madre” che caratterizzano alcune tradizioni gastronomiche dell’Estremo Oriente ma anche non troppo lontano da noi, in Francia.
Si tratta di enormi marmittoni dove vengono fatti sobbollire a fuoco bassissimo pezzi di carne, verdure, spezie letteralmente per decenni, in alcuni casi addirittura per secoli.
In Francia questo piatto dalle origini ancestrali viene chiamato “Pot-au-feu“, pentola sul fuoco o stufato del cacciatore. Secondo alcuni antropologi risalirebbe persino al Neolitico, quando nei villaggi dell’Età della Pietra in un grande pentolone in cui si aggiungeva di tutto, dalla cacciagione alle erbe, continuava a cuocere senza sosta il pasto di quelle primordiali comunità.
Qualcosa forse di non troppo distante dal celebre calderone mescolato di continuo dal Druido Panoramix nel suo villaggio dell’Armorica e che dava forza ed energia straordinarie a chiunque lo assaggiasse. Questi stufati che cuociono senza sosta erano una peculiarità delle taverne medievali francesi e pare che uno di essi sia riuscito a bollire ininterrottamente dal 1400 fino alla Seconda guerra mondiale nella cittadina di Perpignan, alle pendici dei Pirenei. Solo le bombe riuscirono a fermare quella cottura secolare.
Sempre i bombardamenti spensero il fuoco del pentolone dove cuoceva da oltre 100 anni l'”oden” del celebre ristorante “Otafuku” di Tokyo, un tipico brodo giapponese a cui erano stati aggiunti gli ingredienti più disparati, dalle polpette di carne e pesce, al tofu, fino alle lingue di balena.
Più recente ma ancora attiva e ribollente la “neua”, la zuppa perpetua del ristorante Wattana Panich di Bangkok, che sta cuocendo da “soli” 50 anni. Richiestissima, è a base di carne di manzo, interiora e noodles condita con coriandolo. Pare sia una vera delizia.
Ogni sera il brodo viene filtrato e refrigerato (cosa che ovviamente non si poteva fare nei secoli passati dove i fuochi sotto i pentoloni non venivano mai spenti) e il giorno dopo utilizzato come base del piatto aggiungendo altri ingredienti e altra acqua. Chi l’ha assaggiato descrive un gusto incredibilmente pieno e appagante, in cui generazioni di aromi e sapori si sono fusi insieme, con una nota di piccante derivante da un principio di fermentazione.
Non tutti però hanno il coraggio di assaggiare questa curiosissima pietanza per paura di contaminazioni batteriche che in teoria il bollore continuo dovrebbe eliminare. In teoria. Sicuramente, anche senza assaggiarla, mantiene intatto il suo indiscutibile fascino da vero e proprio “fossile vivente” della storia della cucina dell’umanità.