Un vero e proprio terremoto si è abbattuto sulle più prestigiose università americane, un tempo baluardo del libero pensiero e oggi permeate dai virus del politicamente corretto, della cultura woke, della cancel culture e della critical race theory. Dopo settimane di ferventi polemiche, ieri si è infatti dimessa Claudine Gay, rettrice di Harvard e paladina della sinistra liberal americana, a poche settimane dalla rinuncia della sua collega Liz Magill dell’Università della Pennsylvania. Le due rettrici erano state accusate di antisemitismo insieme a Sally Kornbluth della Massachusetts Institute of Technology (al momento ancora al suo posto) in seguito a un’audizione alla Camera dei rappresentanti a inizio dicembre. L’audizione nasceva successivamente a numerosi episodi di antisemitismo avvenuti negli atenei statunitensi dopo il 7 ottobre per verificare il codice di comportamento degli studenti e se venissero o meno presi provvedimenti. Le risposte della Gay, professoressa di studi africani e afro-americani, sono apparse non solo non convincenti ma anche contraddittorie. Come se ciò non bastasse, sono poi emerse accuse di plagio per alcune sue pubblicazioni del 2001 e del 2017, oltre alla tesi di dottorato del 1997. Si è arrivati così alle dimissioni dopo soli sei mesi dall’inizio del suo incarico ponendo fine al più breve mandato da rettore nella storia di Harvard. Nella sua lettera di commiato la Gay ha sostenuto (con un certo vittimismo) di aver lasciato il suo ruolo anche per le «minacce alimentate dal razzismo» ma in questa vicenda il razzismo non c’entra nulla, c’è semmai un sentimento giustificazionista se non apertamente antisemita che si è impossessato di una parte ingente della sinistra americana e che prolifera nelle università.