“Il Libano è pronto”. Nasrallah minaccia (ma non morde)

"Il Libano è pronto". Nasrallah minaccia (ma non morde)

Nasrallah durante il suo atteso discorso di ieri ha detto tutto quello che ci si poteva aspettare: ha maledetto il nemico sionista, ha promesso una terribile vendetta che verrà quando opportuno per l’eliminazione del vicecapo di Hamas Saleh al Harouri martedì a Beirut, nel suo quartiere Dahiah. Ma non è andato oltre, perché, ha spiegato, «ci barcameneremo fra l’odio per Israele e la necessità di salvaguardare il Libano». Ha esaltato, congratulandosi, la grande impresa di Hamas, definendo le rovine di Gaza una immagine di vittoria per i palestinesi, ha detto che «gli ebrei ormai non sono più sicuri in Israele» ed «è tempo di fare le valigie». Ha anche porto le sue condoglianze al suo padre spirituale, l’Iran, che ha sofferto ieri l’attentato alla tomba di Soleimani: un modo di ribadire il legame con gli ayatollah; ma ha anche ribadito l’indipendenza dei membri dell’asse iraniano.

Per quanto abbia parlato due ore l’eventuale grande esplosione sulla morte di al Harouri non c’è stata. Nasrallah non ha sfidato Israele dopo aver osservato la guerra a Gaza. E dopo tutto Al Aruri è stato ucciso con cinque dei suoi, tutti di Hamas, in un ufficio dell’organizzazione da due missili ben mirati che hanno evitato di colpire uomini o cose degli Hezbollah. Nasrallah considerava il suo ospite un alleato, tuttavia il portavoce dell’esercito israeliano dopo l’eliminazione ha ripetuto, sempre evitando di prendere responsabilità, che Israele è solo concentrata sulla guerra contro Hamas. Cioè: non contro Nasrallah. Altro segnale: il capo degli Hezbollah era uscito per la prima volta da mesi dal suo bunker dove è tornato tranquillo.

Quindi, niente guerra totale. Tuttavia, i missili Nun Tet hanno riempito ieri di botti e di fuoco il confine di Israele col Libano. La guerra di attrito potrebbe diventare più minacciosa ancora di quella in corso con Gaza se si riscalda. Gli Hezbollah hanno stipato negli anni la capacità di colpire Israele quasi ovunque coi 250mila missili di cui li ha forniti l’Iran. L’eliminazione proprio a Dahiah appare comunque molto audace: ancora in agosto, mentre già al Arouri si appoggiava al Libano per costruire una nuova forza armata di Hamas, Nasrallah aveva minacciato di tremenda vendetta chiunque toccasse gli ospiti sul suo territorio. Ma Israele non poteva fare a meno di abbracciare l’occasione di eliminare l’uomo che faceva concorrenza a Sinwar, l’articolato tessitore di rapporti internazionali e soprattutto l’uomo che nell’Autorità Palestinese aveva costruito una grande rete di terrore che colpisce da anni Israele, sostituendo con Hamas il Fatah di Abu Mazen che certo non piange la sua dipartita. La sua impresa di catturare tre adolescenti che andavano a scuola nell’West Bank e ucciderli provocò la guerra con Gaza del 2014. Alcuni dicono che la sua uccisione può frenare la trattativa sugli ostaggi, di cui il Cairo ha annunciato ieri lo stop: ma altri mediorentalisti pensano che era lui il più duro nel chiedere uno stop della guerra contro gli ostaggi, e inoltre adesso Sinwar, allarmato dalla sua eliminazione, potrebbe piegarsi a uno scambio più morbido. Al Harouri aveva la sua sede più consueta a Istanbul. Là si incontrò con Ismail Hanijeh subito dopo l’attacco del 7 ottobre, e solo due settimane fa vi ha tenuto un’altra riunione di vertice. Probabilmente il suo disegno era organizzare dall’Autonomia Palestinese un massacro nelle città ebraiche nello stile del 7 di ottobre. Adesso, in Turchia si sta dirigendo il primo ministro iraniano Raisi per incontrare Erdogan. Sarà un summit su Gaza. Dopo che il premier turco ha dato dell’«Hitler» a Netanyahu, i due avranno molti argomenti di conversazione.

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