Caro Michele,
innanzitutto mi preme fare una precisazione: in questa faccenda il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro non c’entra un bel niente, tanto che non era nemmeno in loco al momento in cui è avvenuto il fatto, ossia quando è partito il colpo, e questo è acclarato, non risulta solo dalla versione fornita da Delmastro stesso, il quale era fuori dai locali. Ti pare giusto, sensato e normale anche solamente ipotizzare la responsabilità e il coinvolgimento di un individuo che non è presente nel posto e nel momento in cui si svolgono determinati eventi. Quella era una semplice festa, una di quelle feste che proprio in quelle ore si sono tenute ovunque, in tutto il mondo, per accogliere il nuovo anno, una cena con annesso brindisi di benvenuto al 2024. Erano presenti gli agenti della scorta poiché era presente un sottosegretario che gira protetto. È prassi. È procedura. Ad essere rimasto ferito è stato il genero di un agente che compone la scorta del sottosegretario. Persino questo ha scandalizzato, ma cosa diavolo ci sarebbe di inopportuno? Immagino che i parenti si siano recati lì per potere essere in compagnia del congiunto al momento della mezzanotte, nonostante questi lavorasse. Anche in questo caso non mi scandalizzo. Si trattava di un party organizzato nei locali della Pro Loco di Rosazza, in provincia di Biella. Location e occasione erano pubbliche. Quindi no, Delmastro non deve dimettersi e reputo indecente che se ne pretendano le dimissioni sulla base del nulla. È rinviato a giudizio? Sì, vero, ma il rinvio a giudizio, che non equivale a una sentenza di condanna passata in giudicato, non impone, non comporta e non prevede la rinuncia ad un incarico pubblico da parte di un rappresentante eletto dal popolo sovrano. Ricordiamoci quel principio di rango costituzionale fin troppo vilipeso e che sta a fondamento della democrazia: quello della presunzione di innocenza.
Benissimo. Detto ciò, da eletto e da giornalista, così come da uomo, ti posso confessare che mi sono reso conto da un bel pezzo che i coglioni esistono in ogni giornale, in ogni ufficio, in ogni famiglia e pure in ogni partito, sia di sinistra che di destra. Pure in Fratelli d’Italia non ce li facciamo mancare, tranquillo. Non ci si può fare niente, se non tentare di contenerne il numero, per non fare sì che abbondino. Ecco, illustrato in soldoni, uno dei limiti della democrazia.
Emanuele Pozzolo si giustifica affermando che non è stato lui a sparare. E noi ci crediamo. Non dubitiamo della sua parola. Eppure tale evidenza non sgrava il deputato delle sue responsabilità. Di chi era l’arma, quantunque regolarmente detenuta? Di Pozzolo. Se non è stato lui a sparare, chi lo ha fatto? Chiunque lo abbia fatto, anche accidentalmente, ha potuto farlo in quanto la pistola dalle tasche, dalle mani, dalla cintura di Pozzolo è passata in mano ad altri ed è stato Pozzolo, evidentemente, a compiere, o almeno a consentire, questo passaggio. Non mi risulta che sia stato aggredito e disarmato da uno sconosciuto o da un passante.
Una leggerezza che avrebbe potuto costare la vita a chiunque degli astanti, in quanto l’arma era carica. Anche io detengo legalmente una pistola, ma non me ne vado in giro a mostrarla, non la estraggo nel bel mezzo di una festa per fare vedere ai presenti quanto è bella o per fare il figo. Questa condotta la boccio totalmente. Potrei sbagliarmi ma credo che il parlamentare, parlando con alcuni partecipanti all’evento, abbia tirato fuori questa North american arms LR22, una mini-pistola, forse commentandone le dimensioni ridotte, esibendola ai presenti, evidentemente incuriositi.
Gli uomini a volte sono così ridicoli. Giocano a chi ce l’ha più grosso. In questo caso, a chi ce l’ha più piccolo. L’arnese, insomma la pistola, intendo.