Paradosso di Tel Aviv: all’Aia per genocidio

Paradosso di Tel Aviv: all'Aia per genocidio

Quando potrà Israele dichiarare vittoria nella guerra contro Hamas? La risposta si trova oltre il territorio di Gaza, al di là della politica che ha portato al 7 di ottobre. Niente potrà mai essere uguale, lo Stato Ebraico dopo aver visto l’odio divenuto strage di massa, reagisce alle accuse che l’hanno accompagnata mentre il terrorismo colpiva negli anni, e va alla Corte di Giustizia dell’Aja (Icj) per difendersi e per accusare. L’hanno preceduta 9 fra le famiglie delle vittime del massacro. Gli avvocati preparano già le carte, si spiegherà al di là degli schermi televisivi e della propaganda su Tik Tok il perché dei morti e dei feriti, delle distruzioni e dei profughi. Si ripercorrerà anche il massacro, perché l’Icj indagherà anche questo. Israele nello specifico reagisce alle accuse di genocidio mosse dal Sudafrica, ma vuole parlare al mondo, e specie a quello delle istituzioni internazionali. Il Sudafrica ha chiesto un ordine immediato di sospensione delle azioni militari di Israele accusandolo di crimini di guerra, anzi, di genocidio. Già il 19 novembre il presidente Cyril Ramaphosa aveva lanciato l’attacco: «Gaza è un campo di concentramento dove si svolge un genocidio». La tipica accusa del nuovo antisemitismo, un «blood libel»: la nazificazione di Israele. Il 16 novembre Pretoria aveva richiamato i suoi diplomatici e passato una risoluzione per chiudere l’ambasciata d’Israele. La parola apartheid è una specie di ritornello in tutte le condanne, immemori del fatto che Mandela era buon amico di Israele. Netanyahu ha risposto: «No, noi non perpetriamo genocidio, è Hamas che ha aggredito per questo scopo. Ci ucciderebbe tutti se potesse. Al contrario l’esercito agisce al massimo della moralità, cerca di evitare di colpire i civili mentre Hamas fa di tutto per riuscirsi, e li usa come scudi umani. E poi, dov’eravate quando milioni sono stati assassinati e sradicati in Siria, Yemen, in altre aree? Ciò che dite è solo bugia e vanità. Noi continueremo la nostra guerra difensiva con giustizia e moralità senza pari».

Dunque, Tzachi Hanegbi capo del consiglio di sicurezza nazionale, ha annunciato che Israele non boicotterà l’indagine e il giudizio dell’Icj. Ha spiegato che Israele è firmatario della convenzione sul genocidio e che l’accusa equivale a diffamazione. «Il nostro popolo ha sperimentato il genocidio più di qualsiasi nazione con la Shoah. Una crudeltà analoga, che si sarebbe sviluppata su tutto il popolo se avesse potuto, è stata inflitta ai nostri cittadini col massacro del 7 di ottobre. Ma adesso c’è Israele a difendere gli Ebrei, e lo farà».

L’Icj è un’istituzione che Israele ha sempre guardato con distacco e disgusto, è parte del sistema Onu del doppio standard dei diritti umani: suo mestiere, una massa di risoluzioni, imprese legali, indagini su Israele. Esso dunque ha rifiutato ogni coinvolgimento anche perché il non esistente Stato palestinese è diventato nel 2015 il 123° dell’Icj. È ironico e triste che la Corte sia nata nella mente dei padri fondatori proprio in seguito alla Shoah. Israele è già stato messo sotto accusa almeno tre volte dalla sua famosa ex pubblico ministero Fatou Ben Souda, una nemica giurata. Un paese amico al tempo di Mandela, poi trasformatosi nel promotore sotto la nuova leadership dell’accusa di apartheid. A Durban nel 2001 la conferenza dell’Onu contro il razzismo si trasformò in una conferenza razzista contro Israele. L’indagine studierà se nella diabolica guerra con Hamas che ha trasformato sopra e sotto terra in caserme gli ospedali, le scuole, le moschee, le case, che ha visto l’uso totale della gente come scudi umani, Israele si è attenuto al concetto basilare della proporzionalità. Essa non ha a che fare con i numeri, ma con la ragionevolezza dello scopo e con la pericolosità del nemico. Israele può vantare i continui avvisi ai civili ad allontanarsi dal pericolo imminente, il rispetto delle regole di tregua e di aiuto umanitario. Hamas ha poco di cui vantarsi. Le testimonianze raccontano le torture dei rapiti e l’uso schiavistico dei suoi cittadini.

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