Uccidere il numero due di Hamas in casa propria viene visto, agli occhi dei massimi dirigenti di Hezbollah, come un affronto. E ad ogni affronto deve esserci una reazione: è da questa considerazione che i leader militari israeliani adesso sembrano orientati a fortificare il fronte nord di Israele, quello confinante con il Libano. Se il movimento sciita libanese, radicato soprattutto nell’area meridionale del Paese dei cedri, dovesse propendere per una pronta risposta al raid di ieri contro Saleh al Arouri, inizierebbe a mettere pressione nella regione nord dello Stato ebraico. Aprendo di fatto un secondo fronte di guerra.
Perché Hezbollah potrebbe rispondere dal sud del Libano
Se da un lato è vero che nessun importante dirigente di Hezbollah ha perso la vita nel raid israeliano del 2 gennaio, dall’altro però è altrettanto vero che il luogo in cui è avvenuta l’incursione non può lasciare indifferenti i leader degli sciiti libanesi. Israele ha colpito con i suoi droni nel quartiere di Dahiyeh, zona di Beirut abitata soprattutto da sciiti e dove Hezbollah ha molti dei suoi principali uffici. Una roccaforte dunque, dove gli “ospiti” più eminenti di Hamas si sentivano al sicuro.
Al Arouri era uno di questi. Vice di Haniyeh dal 2017, il numero due dell’organizzazione palestinese aveva scelto di vivere a Beirut forse anche per rinsaldare i legami e i rapporti proprio con gli Hezbollah. Israele, dopo l’attacco del 7 ottobre scorso, aveva promesso azioni mirate contro i leaderd di Hamas all’estero e a Beirut è andato in scena forse il primo round di una prolungata guerra fatta di attacchi mirati.
Un’incursione nella propria roccaforte però Hezbollah difficilmente potrà tollerarla. Per due motivi principali: in primis, c’è il rischio che si possa creare un pericoloso precedente e che dunque anche nei prossimi mesi i propri capisaldi possano essere in pericolo, poi in secondo luogo c’è l’offesa contro uno dei quartieri di Beirut dove gli sciiti sono molto radicati.
In poche parole, gli Hezbollah dalla loro prospettiva sono quasi obbligati a rispondere. E proveranno a farlo il prima possibile, probabilmente sotto le direttive dei propri principali alleati regionali, a partire dall’Iran. Possibile pensare a nuovi raid missilistici contro il nord di Israele, già preso di mira le scorse settimane.
Israele mette in allerta l’esercito nella zona nord
Anche sul versante israeliano si è ben consapevoli che a un’azione mirata contro un obiettivo stanziato a Beirut, è probabile che segua una risposta orchestrata dagli Hezbollah. Per questo il governo ha deciso di innalzare le misure di sicurezza nelle aree settentrionali del Paese. Si teme in primo luogo l’arrivo di salve di razzi sparati dai militanti sciiti dal sud del Libano. A confermarlo ai media locali è stato un funzionario delle forze di sicurezza, secondo cui Israele si aspetta “una grande ritorsione”.
La scommessa di Israele risiede però nella presunta volontà degli Hezbollah di evitare uno scontro diretto contro lo Stato ebraico. A ottobre, durante un discorso molto atteso, il leader sciita libanese Hassan Nasrallah ha fatto intuire di appoggiare sì Hamas nella sua azione ma al contempo di non poter andare oltre il lancio di razzi contro alcune comunità del nord di Israele. Ad ogni modo, la tensione dopo l’uccisione di Al Arouri è cresciuta e adesso ogni scenario viene valutato e vagliato per evitare di lasciare spazio al caso. E, soprattutto, per evitare di farsi cogliere nuovamente impreparati come accaduto il 7 ottobre scorso.
Da qui le altre mosse messe in campo dalle forze di sicurezza. A partire dal potenziamento dell’Iron Dome, il sistema antiaereo capace di intercettare anche i missili di Hezbollah. Inoltre tutti i soldati impegnati in Galilea sono in stato di massima allerta.