Solo qualche mese fa, durante la kermesse cinematografica che si volge a Venezia, Pierfrancesco Favino ha criticato aspramente la scelta di molti attori di Hollywood che scelgono di interpretare personaggi (veri o reali) del nostro Paese senza una vera cognizione di causa. Una critica che ha accesso un lungo dibattito sul web e che, ancora oggi, è un argomento molto caldo. A riaccendere i riflettori sul “problema” e sul fatto che tutto il cinema americano è stato accusato di “appropriazione culturale”, è stato Adam Driver. Lui, più di tutti, è finito nell’occhio del ciclone perché ha costruito la sua carriera non solo grazie alla saga di Star Wars ma perché ha recitato in due film che hanno romanzato la vita di figure di spicco del nostro Paese. Come House of Gucci e il recente Ferrari, ancora nelle sale. Due film che parlano italiano e che, neanche a dirlo, sono stati accusati di mostrare al pubblico un’immagine sbagliata di un’Italia che è poco aderente alla realtà.
E sull’argomento, Adam Driver ha espresso finalmente la sua opinione durante un’intervista rilasciata a SmartLess. Si tratta di un podcast che parla proprio di cinema e di cultura cinematografica, presentato da Jason Bateman, Sean Hayes e Will Arnett. Nell’ultima puntata si è toccato un argomento molto spinoso ma Adam Driver non è stato di certo zitto e buono, anzi alle accuse ricevute – che sarebbe sbagliato far interpretate a attori americani dei personaggi italiani – ha risposto per le rime. “Tante persone mi hanno chiesto quanti italiani abbia interpretato e io ho risposto che ho fatto solo il mio lavoro. Punto e basta – afferma -. Ma voglio dire: ho recitato in un film di Ridley Scott e di Michael Mann. Non sono gli ultimi arrivati. Sono dei grandi talenti. Perché alla gente dovrebbe interessare se ho lavorato in due film ambientati in Italia?”
Nel corso della stessa intervista, Adam Driver ha tenuto a specificare che è stato un bene per lui girare questi due film l’uno di seguito all’altro. “È un buon esempio su come non essere strategico in un mondo dove la strategia è tutto – afferma ancora -. Ho fatto solo due film italiani e la stampa non ha fatto altro che criticare le mie scelte – aggiunge -. Mi sono reso conto che parlare con alcuni giornalisti è una battaglia persa in partenza. Mi dicono che tutto quello che ho fatto non è minimamente paragonabile al lifestyle italiano ma a me, invece, piace così”.