Diceva Mark Twain, uno che con la scrittura ci viveva: «Solo una cosa è impossibile per Dio: trovare un senso in qualsiasi legge sul copyright del pianeta». E, in effetti, definire i limiti della proprietà intellettuale è sempre stato difficile. E lo è soprattutto ora che abbiamo a che fare con la creatività copiona dell’Intelligenza Artificiale. Che siccome plagia con con gusto e furbizia digitale è quasi imprendibile. Ma il copy per quanto difficile da determinare conta eccome. Se la creatività è il campo, il copyright è il recinto. Parola nostra? No del musicista John Oswald, famoso per la «saccheggiofonia», ma noi lo citiamo apertamente.
Tutto questo per dire che ora a non essere più protetto dal recinto è addirittura il primo «Topolino», l’icona per eccellenza dei cartoni animati. Alla mezzanotte del 31 dicembre 2023 sono scaduti i diritti di proprietà intellettuale sul personaggio più celebre della Disney che nel corso dei decenni è diventato un simbolo della cultura pop. Anzi a essere sinceri sono scaduti anche quelli e della sua compagna Minnie (parità di genere? no di merchandising). Ma attenzione, non mettetevi subito un Topolino sull’insegna. Ad essere scadute non sono le versioni oggi più conosciute dei due cartoni, ma solo le loro prime rappresentazioni, diffuse nel 1928.
Vale solo peri il «Topolino» che compare nel cortometraggio Steamboat Willie, il notissimo cartone animato della Disney muto e in bianco e nero in cui si vede Topolino fischiettare a bordo di una piccola barca a vapore (steamboat appunto) e lottare per imbarcare Minnie contro la volontà di Pete, che col tempo diventerà il cattivone noto in Italia come Gambadilegno. Steamboat Willie fu disegnato da Walt Disney e Ub Iwerks alla fine degli anni Venti, è ancora oggi considerato uno dei cortometraggi più iconici della Disney.
La decadenza dei diritti è una conseguenza della leggi statunitensi sul copyright, secondo cui le opere registrate a partire dal 1923 possono essere protette per un massimo dei 95 anni. Steamboat Willie fu registrato nel 1928, quindi ormai 96 anni fa. Disney tentò a lungo di estendere i diritti sul copyright proprio per tutelare il più possibile la figura di Topolino: inizialmente la legge prevedeva che i diritti durassero 75 anni, ma nel 1998 il limite fu esteso a 95 anni anche a causa delle pressioni della società che convinsero addirittura il Congresso degli Stati uniti. Ora però è finita.
L’entrata nel grande Maelstrom del pubblico dominio rende possibile usare le raffigurazioni originali di Minnie e Topolino in contesti anche molto diversi da quelli in cui siamo abituati. A metà dicembre, ma è giusto un esempio, la società di intrattenimento digitale Fumi Games ha diffuso il trailer di un videogioco basato proprio sulle rappresentazioni originali di Topolino e compagni, però inseriti in un universo di gangster in stile Al Capone. Si dovrebbe chiamare Mouse e la release è prevista per il 2025.
Ma non è solo Topolino ad aver perso il «recinto» che lo proteggeva. Anche libri che hanno fatto la storia della letteratura come Orlando di Virginia Woolf; e L’amante di Lady Chatterley di D.H. Lawrence o film come la commedia romantica muta di Charlie Chaplin The Circus sono di pubblico dominio così come il primo volume delle avventure di Winnie The Pooh in cui compare Tigro: La strada di Puh. E l’orsetto ha già provato cosa vuol dire essere modernizzato a piacimento. Parte dei suoi diritti erano già scaduti e così nel 2023 è arrivato nelle sale l’horror Winnie-the-Pooh Sangue e miele. Un film diretto dal regista britannico Rhys Frake-Waterfield in cui Winnie, Christopher Robin e gli altri personaggi vengono calati in un contesto horror. Figuriamoci cosa può capitare alla prima versione di Mickey Mouse, ora che poi produrre immagini e filmati con l’intelligenza artificiale è diventato facilissimo.