Il 26 settembre 2022 tre forti esplosioni sono state registrate a largo dell’isola di Bornholm, zona economica esclusiva di Svezia e Danimarca, dove passano le linee dei gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2. Quell’evento, che è il risultato di un’azione di sabotaggio, ha determinato la presa di consapevolezza – a onor del vero tardiva – della fragilità delle infrastrutture sottomarine.
Antefatti sottovalutati
Ci sono stati infatti episodi precedenti di acclarate azioni di sabotaggio a linee posate sui fondali marini, sebbene non riguardanti condutture energetiche: a metà novembre 2021, circa 4 chilometri su 60 di un cavo sottomarino situato nei pressi delle isole Svalbard sono misteriosamente spariti, menomando la capacità del sistema di sorveglianza LoVe (Lofoten-Vesteralen). Pochi mesi dopo, a inizio gennaio 2022, uno dei due cavi di trasmissione dati che collega le Svalbard alla Norvegia, della linea Svalbard Undersea Cable System che connette il centro satellitare SvalSat con la terraferma, è stato troncato.
Nella storia passata, si annoverano anche azioni di spionaggio riguardanti i cavi di comunicazione sottomarini: nell’ottobre del 1971 dei sommozzatori messi in mare da un sottomarino per operazioni speciali americano, l’Uss Halibut, installarono su un cavo di comunicazioni sottomarino passante sul fondo del Mare di Ochotsk, un dispositivo di ascolto per le comunicazioni. Nella penisola di Kamchatka, infatti, hanno sede numerose e installazioni militari segrete tra cui la base navale di Petropavlovsk, che insieme a quella di Vladivostok, è sede della Flotta Rossa del Pacifico. L’operazione, denominata Ivy Bells, fu un successo e durò ben 10 anni.
Risorse sui fondali
Oltre a infrastrutture di vario tipo, sui fondali marini sono presenti risorse energetiche e minerarie ancora da sfruttare: noduli di manganese, depositi di Terre Rare e altri minerali preziosi per l’industria. Senza dimenticare gli idrocarburi, rappresentati sia dai giacimenti convenzionali, sia dai depositi di idrati di metano che potenzialmente possono offrire un’inestimabile risorsa di gas naturale.
Il futuro, che è già presente a ben vedere, è quindi rappresentato dallo sfruttamento di queste risorse che si trovano a grande e grandissima profondità nei fondali marini. Bisogna considerare anche che il mare rappresenta una fonte importante per l’alimentazione umana, che necessariamente dovrà espandersi rispetto al normale sfruttamento della pesca che sta depauperando le risorse ittiche dei mari del mondo.
L’ambiente subacqueo, ovvero la porzione d’acqua che si estende dalla superficie di mari, oceani, laghi e fiumi fino alle loro profondità nonché lo stesso fondale, costituisce pertanto una straordinaria fonte di risorse e di opportunità, ma anche un nuovo terreno d’incontro e competizione internazionale tra ambizioni e interessi diversi. Competizione che, come abbiamo visto in apertura, può esprimersi anche con azioni di sabotaggio.
Il Piano del Mare
Il nostro Paese ha individuato l’importanza della dimensione sottomarina, e a luglio del 2023 ha redatto un documento storico: il Piano del Mare. In esso possiamo leggere che oggi solo il 20% dei fondali marini è mappato con tecniche moderne e si dispone di una cartografia accurata e aggiornata per appena il 2%. Analogamente, i parametri delle variabili geofisiche del fondale marino (correnti, proprietà acustiche, magnetismo, gravità) sono ancora poco noti per la difficoltà di raccogliere i dati direttamente in situ, così come risultano poco conosciute la loro evoluzione alle crescenti pressioni indotte dalle attività umane dirette e indirette. Sappiamo già che, dal punto di vista infrastrutturale, i fondali rappresentano un ambiente cruciale in quanto i cavi in fibra ottica posati sul fondo abilitano circa il 97% del traffico dati globale – e abbiamo visto quanto essi siano “fragili”, al punto che il taglio delle connessioni sottomarine principali porterebbe istantaneamente a violente ripercussioni economiche e importanti interruzioni nelle normali comunicazioni.
Nonostante le sue ridotte dimensioni, anche il Mediterraneo costituisce un importante crocevia di infrastrutture critiche internazionali e nazionali, inoltre sui suoi fondali sono vasti giacimenti minerari ricchi di rame, cobalto, manganese, nichel e Terre Rare. Nell’immediato futuro si prevede un incremento delle attività di sistemi subacquei di ogni genere – siano essi con equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo – per la ricerca e l’utilizzazione di risorse energetiche e minerarie, per la posa di infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici o militari.
Fattori che portano con sé una vulnerabilità intrinseca, data sia dalle caratteristiche delle infrastrutture stesse, sia dalle lacune giuridiche riguardanti le attività subacquee nei fondali al di fuori delle acque territoriali. Vulnerabilità che sono maggiori se le infrastrutture in questione sono situate su fondali relativamente accessibili.
Cosa si intende per “dominio”?
Il mondo militare ha individuato, attualmente, cinque domini in cui si svolgono le operazioni: terra, aria, mare, cyber e spazio. La definizione di dominio in ambito militare non è univoca, e in generale essi possono essere classificati in base al modo in cui vengono condotte le operazioni. Quella che si avvicina di più a ciò che nella dottrina militare si intende per dominio è “una regione caratterizzata distintamente da qualche caratteristica fisica” a cui si può aggiungere “e dove operano assetti governati da determinate e peculiari caratteristiche”. Ovviamente nei conflitti moderni i domini spesso si sovrappongono, ma per chiarire meglio questa distinzione torna utile pensare alle differenze tra il dominio cyber, uno spazio virtuale governato dalle leggi dell’informatica, e quello spaziale, in cui sono preponderanti alcune leggi della fisica e dove lo scontro può essere di tipo cinetico o nello spettro elettromagnetico (microonde/laser), ma dove altre leggi che regolano altri domini (la portanza o la spinta di Archimede ad esempio) non sono valide.
La Nato definisce l’ambiente sottomarino una “dimensione”, ovvero uno spazio fisico in cui operano assetti appositamente deputati a farlo e in cui si determinano gli effetti da realizzare che influenzano gli attori dell’ambiente operativo di riferimento (in questo caso il mare inteso come Sea Warfare).
Perché serve definire l’Underwater Warfare
Questa definizione possiamo considerarla obsoleta, proprio perché la spinta verso le profondità abissali determinata dalla ricerca di nuove risorse, dalle necessità di competizione che si riflettono nel contrasto attivo sulle infrastrutture, ha portato con sé innovazioni tecnologiche che hanno aperto alla possibilità di raggiungere agevolmente profondità che sino a oggi erano precluse, eccezion fatta per i batiscafi. In particolare è stata l’automazione spinta, supportata dall’avvento di una intelligenza artificiale matura e da nuovi materiali, a permettere di raggiungere e operare a profondità maggiori rispetto al passato.
Pertanto il battente d’acqua in cui si effettuano le operazioni è aumentato guadagnando un ordine di grandezza (da centinaia di metri a migliaia di metri), quindi si è entrati in un ambiente con caratteristiche fisiche diverse rispetto alle acque più superficiali. La pressione sui fondali abissali, ad esempio, è molto maggiore rispetto a quella che incontrano i sottomarini (che navigano tra i 300 e i 600 metri di profondità), la temperatura e la salinità variano, anche in funzione dell’attività geotermica e dell’andamento delle correnti, portando con sé differenti quote di aloclino e termoclino, superfici molto importanti per la navigazione subacquea perché permettono a un mezzo sottomarino di “nascondersi” ai sistemi di rilevamento acustico.
In sintesi, le condizioni fisiche sono diverse rispetto a quelle della colonna d’acqua sovrastante, in cui si è sempre sviluppata la normale attività sottomarina sino a oggi. Pertanto, stante la definizione di dominio indicata, basterebbe questo per poter definire un nuovo dominio, l’Underwater Warfare, anche senza considerare quanto detto in merito alle risorse, alle minacce, alle infrastrutture e alle nuove capacità tecnologiche del mondo subacqueo.