Doveva accadere, prima o poi. Nell’anno in cui tra le tante guerre è scoppiata anche quella del cibo italiano tra pasdaràn della tradizione e innovatori, l’ultima frontiera che ancora non era stata scavalcata era quella della pizza all’ananas, simbolo di tutto quello che un italiano non vorrebbe veder fare al piatto simbolo del made in Italy alimentare.
A rompere questo tabù, peraltro, non è stato uno qualsiasi, ma uno dei pizzaiuoli più celebri d’Italia, quel Gino Sorbillo che ha portato la sua pizza tradizionale, a ruota di carro, dal locale ai Tribunali a Napoli in tutto il mondo. Persona intelligente e colta, Sorbillo, uso di mondo al punto di mettere nel suo menu la demoniaca pizza con il pineapple, così amata dagli americani. Sorbillo si è fatto immortalare in un video che poi ha postato sul suo profilo Instagram da 400mila follower, mentre affronta per la prima volta il «nemico». Non ha l’aria diffidente, semmai un po’ divertita, e le sue reazioni non sono scandalizzate. Tutt’altro. «È una pizza bianca particolarissima», dice prima di assaggiarla. Poi aggiunge, mettendo le mani avanti: «Ragazzi non vi scatenate, non mi fate nero, io sono legato alla tradizione però voglio provarla perché l’ho messa nel mio menù». Poi il responso: «Ragazzi è buona, giuro, anzi faccio anche il bis. Se non mi credete venite qui a provarla».
Naturalmente molti fedelissimi del pizzaiuolo, ma anche della tradizione, si sono lanciati in commenti tutt’altro che compiacenti. «La vera pizza è un’altra, questa lasciamola agli americani», il commento medio, anche se c’è qualcuno che ovviamente va giù più duro. E qualcuno la butta sul sentimentale: «Ti stimo ma in questo momento me vien’a chiagnere». Una gara a spararla più grossa che ha perfino divertito Sorbillo, che ha sfidato i suoi follower: «Il commento più bello vince».
Lo sdoganamento – contestato – della pizza all’ananas chiude un anno di polemiche sul tradimento delle tradizioni della cucina italiana e sull’eccesso di ortodossia, rilanciate recentemente dalla pasta alle vongole con il burro e il pangrattato di Bruno Barbieri e dalla querelle sulle origini della Carbonara, che lo storico Alberto Grandi fa risalire agli Stati Uniti. Qualche settimana fa il gastronomo Luca Cesari sul Gambero Rosso ha voluto testare una ricetta pescata sulla Cucina Italiana del 1954 in cui si usavano l’aglio e il gruviera al posto del tradizionale pecorino romano. Un gioco, un esperimento, una provocazione. Comunque non apprezzata dal popolo del web, che ha minacciato il buon Cesari addirittura di morte. Insomma, a Sorbillo è andata perfino bene.