Se il calcio si trasforma in un’esperienza religiosa

Se il calcio si trasforma in un'esperienza religiosa

Il Natale è alle porte e accoglierlo scoprendo il segreto del calcio come «esperienza religiosa» potrebbe farci sentire tutti più buoni… Di «cattiverie» – quest’anno che ci sta lasciando- ne ha seminate parecchie. Tra i «peccati» bisognosi di «assoluzione», ricordiamo l’addio – poco ecumenico – di Roberto Mancini alla Nazionale e lo scandalo – fin troppo profano dei calciatori scommettitori.

Insomma, ci sarebbe bisogno di un’iniezione di «sacro» che ci riconciliasse con quella «eucarestia del football» come la chiamava Gianni Brera ai tempi in cui le partite avevano la stessa ritualità della messa domenicale. Poi la «preghiera» da stadio, al pari di un’ostia sconsacrata, si è spezzettata nel corso dell’intera settimana; per non parlare di un certo tifo, sempre più «pagano» e becero se non quando addirittura violento e razzista. Benedette le parole di Maradona, dipinto a volte come un «Satana» eppure capace di frasi come queste: «È Dio che mi fa giocare bene. È per quello che mi faccio sempre il segno della croce quando scendo in campo. Se non lo facessi mi sembrerebbe di tradirlo». Diego Armando, vicino a quel poco (o tanto) di onnipotente che sopravvive nella divinità «diabolica» di una sfera di cuoio. E forse per questo Andrea Novelli cita più volte il Pibe de Oro nel suo Il calcio come esperienza religiosa (Edizioni Ultra Sport): un libro importante che Fagioli e Tonali (e chissà quanti altri) farebbero bene a leggere durante il loro percorso di redenzione dalla ludopatia; magari senza scommettere preventivamente sul finale della lunga «partita» raccontata da Novelli in 245 pagine che catturano come un appassionante Milan-Inter. E, a proposito di Diavolo, ecco spuntare la fede rossonera di Silvio Berlusconi («Tutte le cose di cui mi occupo sono profane, ma il Milan è sacro»): dottrina, quella del Cavaliere, condita da un’abbondante cucchiaiata di paradosso («Il Papa è un uomo straordinario, ogni suo viaggio è come un gol. Ha la stessa idea vincente del mio Milan, che poi è l’idea di Dio: la vittoria del bene sul male»). Nei 35 capitoli del suo lavoro di cronaca e analisi Novelli usa personaggi famosi come pretesto per raccontare lo spirituale nel calcio, così come fece Kandinskij ne «Lo spirituale nell’arte» che scrisse nel 1910. Il pallone che sostituisce la preghiera, una porta al posto del crocefisso come annota Eduardo Galeano («Ci sono alcuni villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio». Forse perché – lo sosteneva Albert Camus «non c’è altro posto al mondo dove l’uomo è più felice che in un campo di calcio». E del rapporto «eucaristico» tra popolo, Cristo (quello vero) e Dio Calcio, parlano Joseph Blatter («In Italia il calcio è una religione»); Kobe Bryant («Per i tifosi di pallone il calcio è più di uno sport, sembra più una religione»); George Steiner («La religione universale della maggioranza degli homo sapiens non è altro che il calcio»); Hugo Sanchez («Chiunque abbia inventato il calcio dovrebbe essere adorato come Dio»). Così si scopre che i sentieri del misticismo laico sono lastricati di gol e vittorie, ma pure di punizioni e sconfitte. Un mix di Crociate e Inquisizione. Il Nazareno del football celato nel Santo Sepolcro dopo essere stato flagellato lungo la Via Crucis di troppi scandali.

Le storie di Novelli profumate d’incenso di tifo, cuoio, erba e tacchetti hanno un sottotitolo («19 aprile, il giorno che ha cambiato la storia del calcio italiano») che è un dribbling nel passato di un’era felice. Cosa accadde in quel «19 aprile»? L’anno sul calendario indica 1989. Ma qual è il suo senso «religioso»? Una «messa» eccezionale che, in 24 ore, glorifica tre sacramenti pallonari. Occhi, anima e cuore si commemorano in un triplete di partite-evento che Novelli giura di aver seguito in contemporanea con un occhio sui campi e un orecchio alla radiolina. Nello stesso giorno si giocano infatti le semifinali di ritorno Sampdoria-Malines 3-0 in Coppa delle Coppe, Bayern Monaco-Napoli 2-2 in Coppa Uefa e Milan-Real Madrid 5-0 in Coppa dei Campioni. Una congiuntura astrale considerata dagli addetti ai lavori «lo snodo cruciale che ha dato al nostro calcio la consapevolezza di poter primeggiare in campo internazionale». «Il preludio spiega Novelli – a un’epopea durata un decennio che ha visto sette nostre squadre ottenere almeno una vittoria europea. Solo per la sconfitta in finale della grande Samp di Vialli e Mancini a opera del Barcellona le italiane non riuscirono a completare già quell’anno un clamoroso en plein». Ma si dovette attendere poco: nella stagione successiva, con la conquista contemporanea di tutti e tre i trofei, l’Italia conseguirà un record ineguagliato.

In tempi più recenti, invece, l’ombra del declino con due Mondiali da esclusi, spettatori di palloni in tribuna, piuttosto che in alto nei cieli. E di «religioso», restano solo i rinvii alla «viva il parroco».

In attesa degli Europei, scambiamoci un segno di pace…

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