Giustizialisti d’annata in azione contro Matteo Salvini per il caso che coinvolge Verdini jr. Per le opposizioni, l’imperativo è categorico: il leader della Lega deve riferire in aula. Si cerca una specie di anticamera processuale. Il tutto senza che il nome del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sia mai apparso in relazione all’inchiesta che ha portato ai domiciliari il figlio dell’ex senatore Denis Verdini. La vicenda riguarda le commesse dell’Anas. I reati, per ora solo sul piano delle ipotesi, sarebbero corruzione, traffico di influenze illecite e turbativa d’asta. E per la sinistra il sillogismo diventa naturale: informativa urgente di Salvini. «Non siamo interessati alla vicenda giudiziaria, il punto è un altro, il punto è una questione che riguarda e dovrebbe cominciare a preoccupare fortemente la maggioranza e anche la Premier Meloni», dice il leader di Europa Verde Angelo Bonelli. Il grillino Cafiero De Raho segue a ruota e domanda a sua volta l’informativa urgente. Idem il Pd con Debora Serracchiani: «C’è la necessità di dare trasparenza. Chiediamo un intervento del governo, che smentisca ed elimini le ambiguità».
Tra gli scranni della minoranza, c’è anche un afflato di garantismo con il solito Enrico Costa di Azione. «Non dobbiamo portare avanti lo schema delle informative a gettoni. Le inchieste vadano avanti, ma non è che dall’inizio di un’inchiesta si interessa anche il Parlamento». I grillini ne approfittano per prendersela anche con quella che chiamano «legge bavaglio», a prima firma Costa, «Se fosse già in vigore, l’opinione pubblica non sarebbe oggi nelle condizioni di conoscere le ragioni dell’arresto di Tommaso Verdini e i fatti contestati», incalzano i contiani.
La maggioranza, dal canto suo, dimostra coerenza: «Che vogliamo fare ora il processo in aula a Salvini? Noi siamo sempre stati garantisti, fino a quando non c’è una condanna definitiva», commenta l’altro vicepremier, ossia il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia Antonio Tajani.