Per l’Ucraina si chiude un 2023 difficile e si apre un 2024 denso di punti interrogativi riguardanti il futuro della guerra. Uno di questi è rappresentato dal flusso di aiuti bellici dall’Occidente: flusso che non riguarda solo mezzi e armi, ma anche le munizioni. Elemento cruciale, e spesso sottovalutato, per la conduzione del conflitto.
L’obiettivo di Kiev e dei suoi alleati occidentali non è solo quello di riuscire a rifornire l’esercito ucraino di quantità di proiettili adeguate all’impegno contro la Russia, ma anche di ridurre la catena logistica e anche lo sforzo dell’industria militare europea e statunitense. Per fare questo, il piano è quello di rafforzare l’industria in territorio ucraino. E ciò nonostante l’Ucraina sconti l’enorme problema di dovere fare i conti con una Russia capace di perforare le difese aeree del Paese invaso, rendendo quindi molto difficile la sopravvivenza degli apparati industriali ucraini.
A questo scopo, è interessante lo sviluppo segnalato dal ministro ucraino per le Industrie strategiche, Oleksandr Kamyshin, che ha recentemente affermato che sono in fase di test i primi proiettili di artiglieria da 155 mm prodotti su suolo ucraino. “L’Ucraina ha iniziato a sviluppare proiettili da 155 mm. Abbiamo già dei prototipi con cui stiamo effettuando dei test. Abbiamo intenzione di iniziare la loro produzione di massa l’anno prossimo“, ha detto il ministro secondo quanto riportato da Ukrinform. Ma se questa evoluzione assume una notevole importanza strategica e anche simbolica, rimane ancora da sciogliere un nodo essenziale: l’arrivo dei componenti necessari per produrre proiettili. Tra questi la polvere da sparo, che non viene prodotta in Ucraina e che deve essere fabbricata basandosi su standard dell’Alleanza atlantica. “Abbiamo acquisito la padronanza di alcuni elementi. Ma, sfortunatamente, in questo calibro, dipendiamo dalla fornitura di polvere da sparo scarsa, che l’Ucraina non ha mai prodotto” ha proseguito Kamyshin. Le preoccupazioni riguardano anche le forniture di munizioni dall’Unione europea: aiuti che a detta degli osservatori non riusciranno a raggiungere il livello promesso di un milione di proiettili.
Per l’Ucraina è un tema di importanza esistenziale. Se infatti nel tempo potrebbe ridursi sensibilmente l’aiuto dall’esterno, l’obiettivo del presidente Volodymyr Zelensky è quello di rendere il suo Paese capace di attrarre sempre più industrie militari. Non a caso già a settembre Kiev aveva organizzato l’Alleanza delle industrie della difesa, che aveva lo scopo di riunire nella capitale i maggiori produttori occidentali di armi e munizioni per far comprendere la possibilità di trasformare l’Ucraina nell’“Israele d’Europa”. Immagine evocativa che racchiude però il senso della lotta di Kiev non solo contro la Russia ma anche per costruirsi l’immagine di hub tecnologico e militare utile a se stessa e a tutto il sistema atlantico.
Kamyshin ha dato indicazioni interessanti in questo senso. Ha detto che la produzione industriale bellica dell’Ucraina è triplicata nel corso del 2023 e che sono 500 le aziende che operano nel Paese con una manodopera che si aggira sui 300mila lavoratori. L’aumento della produzione riguarda anche i droni – arma fondamentale tanto per le forze russe quanto per quelle ucraine – e gli obici Bogdana. Il ritmo però si basa sul sostegno occidentale e sull’utilizzo di volontari civili. Un’economia di guerra che nel tempo dovrebbe diventare sempre più autonoma dagli aiuti occidentali trasformandosi appunto in un grande territorio di produzione e know.how. Ma la capacità militare russa di colpire in profondità e il fallimento della controffensiva mettono a dura prova i piani di Zelensky e di un Paese sempre più alla ricerca di autonomia strategica.