Primarie, il Pd è nel caos. E abbandona i suoi Giovani

Primarie, il Pd è nel caos. E abbandona i suoi Giovani

Alla leader proiettata al posto di comando dalle primarie («Non ci hanno visto arrivare», ricordate?), le primarie non piacciono più granché. E a quanto pare neppure i congressi.

Il rifiuto opposto da Elly Schlein allo strumento «fondativo» del Pd sta causando una catena di ripercussioni pericolose: il terremoto di Firenze, con i Dem che si scindono contro la candidata sindaca scelta al Nazareno, la maggioranza comunale appesa a un filo, il «campo largo» diviso al momento su almeno quattro nomi, il Pd che per la prima volta teme una sconfitta epocale.

C’è il caos in Basilicata, dove il candidato governatore imposto da Roma non trova sostegni nel centrosinistra, e il Nazareno tenta la marcia indietro: «Allora facciamo le primarie», ma i potenziali alleati rispondono: «Troppo tardi». E ancora spaccature in Sardegna, paralisi in Piemonte e via elencando.

Poi c’è il caso surreale dei Giovani Democratici, l’organizzazione giovanile del Pd, un tempo palestra dei leader del futuro. Da quattro anni (c’era ancora Nicola Zingaretti) gli under 30 del partito non riescono ad eleggere un segretario, tra guerre di correnti (ricalcate su quelle dei «grandi»), accuse di brogli, contestazioni, riconteggi, ricorsi, commissariamenti. Nel frattempo i contendenti sono invecchiati, alcuni sono riusciti a farsi piazzare in Parlamento, sono scesi in campo altri aspiranti segretari. E soprattutto, è arrivata Elly, abbastanza giovane anche lei, e ha assicurato: basta rinvii, si torni alla democrazia. «È ora che i Giovani dem facciano il loro congresso», annunciò in Direzione, tra gli applausi.

Era maggio, siamo arrivati a San Silvestro e tutto è ancora sospeso perché non si riesce a trovare l’accordo sulle regole. In teoria sarebbero semplici: chi prende più voti vince, proprio come è accaduto a Elly alle primarie aperte ai non iscritti. Ma la segretaria, si ricorderà, aveva poco prima perso il congresso: gli iscritti dem avevano preferito Stefano Bonaccini. Sarà forse per questo infausto precedente che si vuol introdurre un nuovo conteggio dei voti, ponderato in base al numero di abitanti delle regioni che eleggono i delegati. O forse, insinuava maliziosamente Huffington Post, sarà perché la regione più abitata è la Lombardia, da cui proviene il candidato preferito dalla leader, lo schleiniano della prima ora Paolo Romano? Cui si contrappone nientemeno che un dalemiano (ebbene sì, esistono ancora), tal Tommaso Sasso. Che all’ancor verde età di 27 anni ha fatto in tempo a scindersi dal Pd.

E pure a rientrarci.

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