Antonio Tajani non ha intenzione di svicolare. Il vicepremier, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia risponde diretto all’attacco di Repubblica, che lo descrive «sotto processo» per l’astensione sul Mes, tra azzurri malcontenti, oppressi dal timore di «sparire» alle elezioni europee.
Che cosa c’è di vero, ministro?
«Il voto in giornalismo è zero, nessun fatto, nessuna dichiarazione, solo fandonie. È un attacco politico da parte del maggior giornale di riferimento della sinistra e non può che rafforzarci. Piace un linguaggio, con quel parlare di processi, da regime comunista sovietico, ma si dimostra invece che godiamo di ottima salute. Forse è questo a dar fastidio a chi ci voleva morti».
Chi pensava che Fi non sarebbe sopravvissuta alla scomparsa di Silvio Berlusconi, intende?
«Esatto. Berlusconi è stato così bravo da costruire una classe dirigente capace di guidare il partito dopo di lui, questo è il suo grande miracolo. Li ha vinti nel 94 e lo farà nelle prossime Europee. Se ne facciano una ragione, Repubblica e i suoi referenti politici, non ci facciamo intimidire da un giornale che continua a perdere copie né da questa sinistra. Non siamo noi che non li abbiamo visti arrivare, sono loro. Da 30 anni subiamo attacchi del genere, ci danno vicini alla scomparsa e noi ci rinforziamo».
Qual è, allora, lo stato di salute del partito?
«A fine gennaio festeggeremo i 30 anni di Fi, nei sondaggi cresciamo, i ministri di Fi sono valutati molto positivamente. In tutt’Italia si stanno svolgendo i congressi provinciali e a febbraio avremo a Roma il congresso nazionale. Ci saranno nuovi ingressi nei prossimi giorni, a livello parlamentare, regionale ed europeo, non alziamo clamore, non facciamo scouting, sono gli altri che vogliono entrare, dal Veneto all’Abruzzo alla Basilicata. La gente anche. Abbiamo raggiunto i 100 mila iscritti, non so quanti partiti se ne possano vantare. Crisi? È vero il contrario».
Allora perché si continua a scrivere di malcontento interno?
«Malcontenti? Io non ho letto dichiarazioni critiche, non ho sentito voci di dissenso. Chi non è d’accordo, esce allo scoperto, è già successo, ma ora non li vedo. Sul Mes ci siamo distinti dagli alleati senza dare manforte a sinistra e M5S».
Il ministro Giorgetti è più vicino alle vostre posizioni che a quelle del suo leader, Salvini.
«Giorgetti fa bene il ministro dell’Economia e ha la nostra fiducia».
Il Ppe è deluso della vostra posizione sul Mes?
«È falso che il Ppe abbia mai chiamato per sollecitare un voto in un senso o nell’altro, né qualcuno si è lamentato dopo. Come ho detto: tutto inventato da Repubblica, zero notizie».
Perché tanto accanimento?
«Evidentemente, c’è il timore che Fi possa occupare lo spazio al centro, moderato ed europeista, che la sinistra sta perdendo. Almeno una parte si spacciava per europeista, anche se i suoi voti dicevano il contrario e Repubblica ne è storico portavoce».
Il quotidiano accredita anche il fatto che la segretaria dem Schlein sia a caccia di voti moderati e metta imprenditori nelle liste europee.
«Con Landini nuovo leader della sinistra mi pare difficile. Ma: Auguri!».
Voi su che cosa punterete per il voto europeo di giugno?
«Sulla nostra identità, su un’Europa più politica, con una difesa, una politica industriale e agricola comuni, con un ambientalismo che non sia quello di Greta Thunberg ma una terza via e che possa decidere non più all’unanimità. Per noi l’obiettivo è: Stati Uniti d’Europa».
Sempre per i vostri critici il malessere interno sarebbe legato ad una scarsa incidenza sulle scelte del governo. L’ultima partita è quella sul superbonus di oggi in Cdm.
«Stiamo lavorando per una soluzione positiva del superbonus, che tuteli le imprese ed eviti ai cittadini il rischio di dover restituire allo Stato soldi per i lavori non conclusi. Forse già nel prossimo consiglio dei ministri si potrebbe arrivare ad una soluzione con un provvedimento autonomo. Ma non dimentichiamo gli interventi su extraprofitti delle banche, tassa di successione, taglio del cuneo fiscale, pensioni minime, la difesa della casa contro l’aumento della cedolare e la politica migratoria».
Fi ha appena annunciato l’intergruppo consiliare con Noi moderati al Consiglio regionale del Lazio. È un modello replicabile altrove?
«Certo, è l’inizio di un percorso per il rafforzamento dell’area popolare. Per ora siamo insieme nel Lazio».
Un’ultima domanda al ministro degli Esteri: c’è qualche speranza dai fronti di guerra in Medio Oriente e Ucraina?
«I segnali non sono positivi, ma la nostra diplomazia continua a lavorare sotto traccia con l’obiettivo di realizzare due stati Israele e Palestina e di riportare la pace in Ucraina. Da gennaio l’Italia guiderà il G7 e sarà dunque protagonista a livello internazionale».