È saltata la proroga del cosiddetto Decreto crescita che avrebbe prolungato le agevolazioni e gli sconti fiscali per gli sportivi, a partire dai calciatori, in arrivo dall’estero. La misura, contenuta nelle prime bozze del Milleproroghe, è quindi rimasta fuori dal decreto dopo “una accesa discussione” in Consiglio dei Ministri.
Una pessima notizia per le squadre di Serie A, che contavano di utilizzare la prossima sessione di mercato invernale per approfittare ancora delle agevolazioni per operazioni in entrata o per prolungare alcuni contratti in scadenza. Ora bisogna vedere quale sarà l’impatto sui conti e sulle strategie delle squadre italiane in vista della riapertura delle trattative a gennaio.
La risposta della Lega Serie A
Non si è fatta attendere la reazione dei club di Serie A alla decisione presa dal Governo: “Tale decisione, se confermata, avrà quale unico risultato un esito diametralmente opposto a quello perseguito. La mancata proroga produrrà infatti minore competitività delle squadre, con conseguente riduzione dei ricavi, minori risorse da destinare ai vivai, minore indotto e dunque anche minor gettito per l’erario”.
“Dal momento che la proposta di proroga aveva ottenuto il via libera tecnico per essere presentata in Consiglio dei Ministri, il fatto che alla fine sarebbe stata esclusa – prosegue la nota della Lega – lascia supporre che sia prevalsa per l’ennesima volta una visione del calcio professionistico distorta e viziata da luoghi comuni fallaci: una visione che purtroppo non tiene conto dello straordinario ruolo economico, oltre che sociale e culturale, che ricopre questo comparto industriale in Italia”. “Qualora l’esito del consiglio dei ministri venisse confermato, la Serie A auspica che il Parlamento possa correggere questo errore che danneggia non solo il calcio italiano, ma tutto lo sport e il suo considerevole indotto”.
Perché sì
Il Decreto crescita finora ha permesso una maggiore competitività delle squadre italiane sul mercato, consentendo di poter pagare meno tasse per uno stipendio netto. Alla squadra che comprava un giocatore con uno stipendio da 1 milione di euro è costato circa 1,5 milioni anziché 2. Questo ha consentito alle squadre italiane di aumentare la qualità della rosa, contenendo i costi. Non avere più a disposizione questo strumento significa, soprattutto nella situazione economico/finanziaria in cui versano moltissime delle società italiane, modificare le proprie strategie, ridimensionando i propri obbiettivi. Grazie al Decreto crescita sono stati tantissimi i grandi giocatori che sono arrivati negli ultimi anni in Italia, basti pensare a Lukaku, Leao, Pavard, Thuram, Rabiot, Pulisic, Reijnders, Guendouzi, Chukwueze o Kvaratskhelia e Osimhen. Senza dimenticare che anche il rinnovo pesa di meno nelle casse della società.
Perché no
Il rovescio della medaglia è che il Decreto Crescita ha portato a un numero sempre più crescente di giocatori stranieri in Italia. Con lo sviluppo di nuove strategie delle società si è arrivati nella scorsa stagione al 61% dei giocatori stranieri in rosa nelle nostre squadre di Serie A e a un utilizzo di stranieri (nel minutaggio) pari al 65,5%. Una percentuale altissima, la più alta in Europa. Questo chiaramente comporta una serie di considerazioni anche politico/sportive. I recenti risultati della Nazionale italiana dipendono anche da questo? Le società di fronte a costi inferiori preferiscono gli stranieri agli italiani: questo sembra un datto di fatto. Senza contare la polemica politica vera e propria: perché riservare aiuti di stato a chi è già ricco?