Caro Luca,
ti ringrazio innanzitutto per avere letto il mio libro e per dare tanto valore ai miei pensieri. Mi fa piacere che non sfuggano al lettore queste mie riflessioni e che quindi lascino in qualche modo il segno. La carta è così fragile e passeggera. Soltanto quando trasmette qualcosa può divenire imperitura. È un merito mio, forse. È soprattutto un merito tuo. Svolgo questo mestiere da oltre sessant’anni e ho avuto modo di studiare tale malsana attitudine che ci contraddistingue non tanto in quanto italiani piuttosto in quanto esseri umani. Tendiamo a conformarci alla massa, a idolatrare e poi a demolire gli idoli che noi stessi abbiamo costruito, ci piace tanto applaudire e lodare qualcuno ma ancora di più godiamo quando colui o colei che abbiamo ammirato crolla e si sgretola, guarda cosa sta accadendo a Chiara Ferragni. Ci piace la sofferenza altrui, perché ci fa sentire meno sfigati, meno sfortunati, meno miseri e infelici. Ci piace prendercela con il presunto mostro, poiché ci dà l’opportunità di sentirci migliori di lui.
Davanti a questa occasione golosa, siamo disposti a mettere da parte come fossero niente i valori democratici e civili, come appunto quello della presunzione di innocenza. I processi ci appaiono quasi superflui, le sentenze non necessarie, gli accertamenti perdite di tempo. Siamo spesso noi a decidere, senza contraddittorio, senza difesa, senza esaminare fatti e prove, che un soggetto è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio e gli comminiamo la massima pena, rigorosamente inappellabile. Ho visto Enzo Tortora subire tutto questo. Io non mi rassegnai, mi rifiutai di unirmi al coro dei colpevolisti, analizzai le carte, che nessuno aveva voluto leggere dato che leggerle appariva essere operazione inutile. Dopo di lui e prima di lui altri innocenti furono metaforicamente ghigliottinati. Penso anche a Francesco Bellomo, ex consigliere di Stato, accusato di stalking (mai di molestie sessuali come pure i giornali e le tv hanno in malafede insinuato), il quale è stato assolto in ben sei tribunali e per tre gradi di giudizio. La sua posizione a Milano fu addirittura archiviata per assenza di reato. Eppure questo non significò un bel niente: egli fu additato da chiunque quale molestatore. E persino chi osava difendere il principio della presunzione di innocenza in relazione a questa vicenda veniva bastonato dai soloni del pensiero comune e del becero conformismo che disprezzano ideali costituzionali e giuridici. La razionalità del diritto dovrebbe prevalere sulla irrazionalità della piazza.
Caro Luca, non ci tocca che assistere a questo scempio. Depardieu non è il primo e non sarà neppure l’ultimo.