È una accelerazione decisa verso un fisco «amico» o comunque disponibile all’ascolto e al dialogo. Un segnale forte di un cambio di rotta e della volontà del governo di modificare i rapporti tra lo Stato e coloro che producono ricchezza e lavoro. Il tutto con l’idea e l’ambizione di individuare soluzioni piuttosto che comminare sanzioni, quando è possibile. Concluso il percorso nelle commissioni parlamentari e recepiti i relativi pareri, i due decreti legislativi che compongono il nuovo Statuto dei Contribuenti – il primo risaliva a 23 anni fa – arriveranno oggi in Consiglio dei ministri per l’approvazione finale.
La riforma è uno dei tasselli di quel puzzle a cui sta lavorando dall’inizio della legislatura Maurizio Leo – viceministro dell’Economia ma anche uno dei massimi esperti italiani di diritto tributario – per ricreare un rapporto di fiducia tra fisco e contribuente. Un tentativo fondato sull’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente, con interventi ex ante piuttosto che ex post. L’obiettivo? Produrre una deflazione del contenzioso, creare un rapporto di serenità con chi paga le tasse e un beneficio netto per le casse dello Stato.
Gli interventi sono molti. I contribuenti potranno contare su dichiarazioni dei redditi più semplici e su un nuovo calendario per l’invio. Lo Statuto dei contribuenti sarà equiparato alla Costituzione e un Garante nazionale – con funzioni ampliate rispetto all’organo attuale – tutelerà i cittadini di fronte all’amministrazione fiscale. Ci sarà poi lo stop alle «cartelle guastafeste». L’Agenzia delle entrate, infatti, non potrà inviare comunicazioni durante le ferie estive e quelle natalizie.
Verrà poi rafforzato e promosso il principio dell’autotutela. Nel diritto tributario l’autotutela consiste nel potere dell’amministrazione finanziaria di riesaminare e, se del caso, revocare o annullare i propri atti ritenuti illegittimi o infondati. Un principio, spiegano da via XX Settembre, poco applicato anche per il timore dei funzionari di esserne penalizzati. Al contrario si lavorerà per rendere obbligatoria l’autotutela così da diminuire l’incidenza del contenzioso. Cambieranno anche gli avvisi di accertamento. Il contribuente riceverà uno «schema» di avviso, una sorta di bozza preliminare su cui avviare un dialogo e un contraddittorio e fare delle comuni verifiche. A quel punto si potrà aderire a quanto rilevato dal fisco oppure produrre delle osservazioni. In ogni caso tutti i provvedimenti che incidono sfavorevolmente nella sfera del destinatario dovranno esser preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo.
Per quanto riguarda l’efficacia temporale delle norme tributarie, il testo conferma e rafforza il principio dell’irretroattività delle disposizioni tributarie. Inoltre lo Statuto dei diritti del contribuente prefigura l’inserimento di cinque ipotesi di invalidità degli atti di accertamento e riscossione: irregolarità, annullabilità, nullità, inutilizzabilità o inesistenza. Una novità importante visto che nel sistema attuale la legge tributaria omette di identificare i vizi dell’agire amministrativo. Si introduce poi espressamente il principio del ne bis in idem nel procedimento tributario: l’azione di accertamento insomma potrà avvenire una sola volta per ogni periodo d’imposta.
Così come si vieta espressamente di divulgare i dati dei contribuenti acquisiti anche attraverso l’interoperabilità con altre banche dati. Una riforma dal forte sapore garantista pensata, per dirla con le parole di Maurizio Leo “nella logica della certezza e della semplicità del sistema tributario” e al 94,7% per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti.
Per il presidente Giorgio Spaziani Testa «occorre fare qualcosa per limitare al massimo le conseguenze che il passaggio dalla detrazione del 110% a quella del 70% comporterà, determinando problemi economici per le famiglie e un enorme contenzioso». Infatti, da gennaio la detrazione passa al 70% ma per concludere i lavori i proprietari dovranno metterci il restante 30 per cento. E salta anche la detrazione del 70% se nell’edificio non verrà raggiunto il miglioramento di almeno due classi energetiche.