Pio, di nome e di fatto. Un bamboccione, come si dice oggi, ma lui non sa di esserlo. Morale. Viene candidato sindaco perché manipolabile e pilotabile. Allo stesso tempo gli viene precluso il sogno di cantare perché ha una voce terrificante. Per moglie gli appioppano una virago che lo tiranneggia e che da giovane era stata una mezza tossica; così, per farla smettere, le viene organizzato un matrimonio con il meno affascinante dei maschietti in circolazione. Finché un giorno al futuro sindaco tocca invece un autista-maggiordomo ex galeotto che inizia a far divertire i figli annoiati del bamboccione, pure lui destinato a finire nell’orbita di quel tipo sopra le righe, capace però di cavarsela molto meglio di chiunque altro. Le sorprese nascono alla morte del padre di Pio. Dalle carte segrete, spunta di tutto. La laurea in legge comprata al bamboccione e la scoperta di un figlio illegittimo mai riconosciuto. Chi sarà… Si ride, eccome se si ride. E questa è già una notizia visto che in tanti film di altrettanti colleghi – leggi Siani, De Luigi, Ficarra e Picone, tanto per citare quelli in sala in queste settimane – non si ride neanche a… piangere. Divertente l’avvio, brillante e brioso con la contrapposizione delle due tipologie incarnate da Pio e Amedeo. Decisamente più seduto nella parte centrale e un po’ più sorprendente nel finale, comunque simpatico. Lo scoglio rappresenta il duro, quello che non si lascia portar via come invece fa la sabbia. Ecco svelato l’arcano di un titolo, sostanzialmente senza senso. Intendiamoci, anche in questo film si sprecano luoghi comuni e l’intreccio è a tratti prevedibile, ma è condito da battute efficaci e ben diretto da Gennaro Nunziante che in curriculum vanta la scuola di Checco Zalone e quindi sa bene dove stia di casa la comicità. I tempi comici sono giusti e questo fa già tanto anche se non tutto. Promosso con riserva.