Caro Nicola,
ti capisco sì, eccome. In questi giorni, mio malgrado, non ho messo quasi mai il naso fuori di casa. È tutto chiuso, tutto fermo, tutto in pausa, persino i giornali sono in stand-by e le edicole non aprono i battenti. Che tristezza! Che melanconia! Ci tocca stare tappati tra le mura domestiche con i familiari, che non sempre e non tutti sono di nostro gradimento. Queste affermazioni possono sembrare eresie, scandalizzare, eppure sono terribilmente vere, quantunque molti di noi abbiano difficoltà ad ammettere che si sono rotti le palle di cenoni, pranzoni, invasioni di zie, cugini, nipoti, cognati, suoceri. Ci si sforza di apparire felici, lieti, gentili, perché lo impone il clima natalizio. Ma la cosa più insopportabile, come tu ben sottolinei, è l’appiattimento generale delle reti televisive che ci somministrano un unico tema, trattato in tutte le salse, ossia quello natalizio. Un conformismo a questi livelli non si era mai visto. Inevitabile scivolare nella noia nonché nel rifiuto e spegnere la tv. Si rimasticano gli avanzi di ieri e si rimastica quello che la televisione ha proposto il giorno prima e che proporrà il giorno seguente. Ed è così ogni anno.
Proprio nel momento in cui si sta di più in casa e dunque l’apparecchio resta sempre acceso, pure quando non stiamo lì seduti davanti allo schermo, ecco che la tv diviene addirittura più monotona del solito. Non mi sembra una scelta molto intelligente. Ma comprendo i motivi: molti format vengono sospesi, il personale scarseggia, i presentatori vanno in vacanza, allora si riempiono gli spazi vuoti ricorrendo al palinsesto preconfezionato dell’anno prima che era quello dell’anno prima ancora che era quello dell’anno prima ancora. Penso che, con un minimo di accortezza, si potrebbe offrire al pubblico qualcosa di più allettante del solito film Mamma, ho perso l’aereo o della solita ricettina che spiega come fare il cotechino o il baccalà. Purtroppo, manca la voglia di fare, di cambiare, di innovare, di abbandonare i soliti cliché, di lasciare andare quelle che sono diventate abitudini trasformatesi poi in vizi. Ed eccoci qui anche oggi, a subire le consuete ciance. E non illudiamoci: il Natale passa, sì, ma la programmazione natalizia perdura e ci accompagna fino alla Epifania e persino oltre. Il tutto, a mio modesto avviso, ha uno scopo: quello di renderci satolli, saturi, esasperati, e forse anche un po’ disgustati? Perché no?
Per almeno altri 11 mesi del Natale ne avremo abbastanza.