È una delle condizioni mediche più comuni tra la popolazione maschile, sebbene sia considerata di scarsa rilevanza dal punto di vista clinico e spesso ridotta ad un semplice problema estetico.
Eppure nel nostro Paese la calvizie ha un impatto psicosociale notevole, poiché perdere i capelli cambia l’aspetto esteriore di un individuo, incide sulla sua comunicazione, evoca giudizi nelle persone che lo circondano ed agisce negativamente sull’autostima e sulla identità individuale, sviluppando disagio, sofferenza intima, difficoltà sociali, fino a lievi forme di ansia e depressione nei soggetti che ne sono afflitti, specialmente quando ci si rende conto che la perdita dei capelli è iniziata, è progressiva, inarrestabile e soprattutto incurabile.
La forma più diffusa è l’alopecia androgenetica (AGA), una sindrome a predisposizione genetica tipica degli uomini, che si eredita per lo più dalla madre, essendo il gene della calvizie localizzato nel cromosoma X, e i cui primi segni si presentano tra i 25 e i 30 anni nei cosiddetti golfi o anse frontali (impropriamente dette stempiature) per poi colpire anche la zona apicale della testa, a differenza delle donne nelle quali lo sfoltimento inizia più tardi, spesso durante la menopausa, nella zona centrale del capo, interessando di meno quella frontale, e nelle quali si parla di diradamento capillare più che di vera e propria alopecia.
Tutti gli individui di entrambi i sessi perdono in media dai 40 ai 120 capelli al giorno, circa 1.000 al mese sul totale dei 100.000 presenti sullo scalpo, e tale perdita è frutto del normale ricambio fisiologico, mentre coloro destinati a diventare calvi ne perdono ogni giorno pochi di più, in maniera quasi impercettibile ma costante, anche se il primo segnale clinico è la riduzione del volume della chioma per l’assottigliamento dello stelo, inizialmente non apprezzabile ad occhio nudo, il che conduce ad aumentata fragilità del capello, che si spezza e cade.
In molti uomini questo coincide paradossalmente con l’aumento del numero e dimensioni dei peli in altre parti del corpo, il che fa ipotizzare una variazione dei livelli di orientamento del testosterone, l’ormone maggiormente imputato nella genesi dell’alopecia maschile. L’etiopatogenesi della calvizie è comunque ancora oggetto di studi, anche se il fattore primario individuato nei maschi è il diidrotestosterone, un derivato ormonale che si lega al bulbo pilifero soffocandolo e atrofizzandolo, ed in entrambi i sessi intervengono, nelle altre varie forme di alopecia, diversi fattori importanti, come quelli immunologici (calo delle difese immunitarie o malattie autoimmuni tiroidee), nutrizionali (diete troppo restrittive) con carenze di elementi essenziali, terapeutiche (anemie, chemioterapie), oppure psicologici come gli eventi stressanti o traumatici, che spesso causano la caduta di capelli a ciocche con vere e proprie chiazze di alopecia. Queste ultime forme di calvizie sono però quasi tutte curabili e reversibili, a differenza della forma più frequente, l’androgenetica, per la quale non esiste cura specifica.
Negli uomini, quando iniziano a percepire che qualcosa non va sulle loro teste e che il proprio aspetto sta cambiando, spesso è troppo tardi per intervenire, o almeno per ritardare il diradamento capillare, e dopo un lungo pellegrinaggio tra diverse visite dermatologiche e tricologiche, la consapevolezza di non poter combattere la malattia, perché non esistono terapie risolutive perché la caduta non può essere ritardata o curata, la situazione fisica inizia ad incidere anche in ambito psicologico, sentimentale e sociale e non tutti riescono ad accettare la nuova realtà.
I capelli, come i peli di tutto il corpo, hanno funzione di termoregolazione e di protezione, ma nel momento in cui si perdono, il corpo si adatta perfettamente, per cui, dal punto di vista medico, non si dà molta importanza a questa sindrome, non valutata come patologica. Spesso però si sottovalutano i risvolti collaterali o professionali che possono invece sviluppare problematiche anche molto serie. Inizialmente la difficoltà ad accettare il cambiamento estetico viene vissuta come una forma di lutto, una perdita emotiva, per cui l’individuo cerca di combattere la calvizie in ogni modo, per non sentirsi insicuro, limitato e meno attrattivo, ma non riesce a superare l’impatto di veder cambiare la propria immagine, anche se con il passare dei mesi pian piano ci si abitua, ci si rassegna, al punto che tuttora è socialmente «accettato» come un evento «naturale» che la maggior parte degli uomini (80%) con l’età diventino calvi, e per fortuna molti di essi vanno avanti con la loro vita senza essere influenzati dalla patologia ereditata. I maschi più giovani e meno emotivi affrontano questa situazione con un taglio drastico, rasando completamente il cranio ed iniziando a frequentare palestre, per scolpire i muscoli del corpo e spostare l’attenzione sulla fisicità androgena anziché sulla criniera ormai perduta.
Negli ultimi 20 anni, però, un calvo su 10 sceglie di ricorrere al rinfoltimento mediante il trapianto dei capelli, una tecnica chirurgica che non cura la calvizie, non blocca la caduta, ma garantisce il ritorno della chioma, con risultati spesso duraturi, grazie all’autotrapianto, il cui successo dipende dalle condizioni dell’area donante, (quella areolare della nuca insensibile al diidrotestosterone), dallo stato di avanzamento della calvizie e dalla qualità dei capelli da trapiantare. In Italia il costo del trapianto varia dagli 8mila ai 12mila euro, mentre la Turchia è la meta più gettonata per questo tipo di intervento, non solo per i prezzi molto più bassi che comprendono pacchetti turistici tutto compreso (voli, hotel e clinica), ma per la presenza di migliaia di specialisti molto esperti, che effettuano solo questo tipo di chirurgia da oltre 20 anni, su pazienti provenienti da tutto il mondo, dai 25 anni in su, e con risultati considerati dagli stessi soddisfacenti anche a lungo termine.
Online si trovano molti siti che mettono a confronto, prima e dopo il rinfoltimento, chiome di attori, cantanti e sportivi, spesso punto di riferimento dei pazienti calvi che aspirano al trapianto, e per essere attrattivi vengono sovente postate le foto di due famosi statunitensi, le star internazionali Brad Pitt ed Eva Longoria, indicati dall’ISHRS come i personaggi famosi con la migliore capigliatura, i quali, graziati dalla genetica, non diventeranno mai calvi.