Trecentosessantacinque giorni di passione: il 2023, l’annus horribilis della sinistra. E non solo nelle urne, dove ormai Elly Schlein, Giuseppe Conte e soci non toccano più palla, o in parlamento, dove la sgangherata armata giallorossa non sa nemmeno fare opposizione al governo. Il 2023 sarà ricordato come l’anno della caduta degli idoli del popolo progressista. Uno scandalo via l’altro, uno più cocente dell’altro, uno più imbarazzante dell’altro. Dalla famiglia Soumahoro a Luca Casarini, passando per Maurizio Landini, è lo schianto della presunta superiorità morale di una sinistra che predica bene ma razzola molto male.
L’anno orribile inizia sulla scia delle polemiche legate alle mazzette dal Qatar: i diritti umani svenduti a suon di milioni di euro. Lo scandalo travolge il Parlamento europeo sul finire del 2022 e riesplode a marzo quando scattano le manette ai polsi dell’eurodeputato dem Andrea Cozzolino. Lui, i soldi, li avrebbe ricevuti dal Marocco, non dal Qatar, ma la strategia è la stessa sfruttata da Eva Kaili, Antonio Panzeri e compagnia bella: banconote e regalie in cambio di politiche favorevoli nelle sedi opportune di Strasburgo. Ma questo, si affrettano a dirci, è il vecchio corso. Quello nuovo porta il nome di Elly Schlein, l’outsider che, in quegli stessi giorni, riesce a scalzare la vecchia guardia e prendersi la guida del Pd. L’abbaglio, però, dura poco. Gli elettori credono di aver eletto una rivoluzionaria, una del popolo, e invece si ritrovano una radical chic svizzera (stile Carlo De Benedetti) con armocromista al seguito. Nel giro di pochi mesi tutti gli indicatori sono in ribasso e ogni elezione sono schiaffoni in faccia.
Se la Schlein è politicamente un disastro, gli idoli della sinistra non sono certo da meno. Il tonfo più rumoroso è quello di Soumahoro, il deputato con gli stivali arrivato alla Camera tuonando contro i soprusi delle destre ai danni dei poveri immigrati. Peccato che le cooperative amministrate da moglie e suocera usino i soldi destinati agli stranieri per coprire ben altre spese. Nelle carte della procura c’è tutto lo shopping sfrenato nelle vie del lusso della Capitale. Altro che il «diritto all’eleganza» invocato dal marito affranto.
Altro schianto imbarazzante è quello di Luca Casarini. Vent’anni fa in piazza a Genova contro il G8, oggi in mare con Mediterranea a raccattare clandestini da scaricare nei nostri porti. Ma, come il clan Soumahoro, pure l’ex tuta bianca viene pizzicata a usare i soldi dell’ong per coprire spese personali.
Cooperative, ong e, a chiudere il cerchio, la Cgil. Ecco Landini, capo supremo del sindacato rosso e improbabile compagno di viaggio di Schlein e Conte: da una parte invoca il salario minimo, dall’altro firma contratti ben al di sotto dei 9 euro. E che dire poi delle lettere di licenziamento fioccate sotto i suoi occhi.
Nell’anno orribile della sinistra ce n’è per tutti. Pure per il verde Angelo Bonelli che, dopo lo scandalo Soumahoro, viene piantato in asso da Eleonora Evi, suo braccio destro. Il motivo: partito troppo «machista». Il ché è uno spasso viste le ramanzine che ci rifila in continuazione sul patriarcato.
Il calice è amaro fino in fondo. Nemmeno il panettone (o, meglio, il pandoro) riescono a gustarsi in santa pace. A Natale cade la stella di Chiara Ferragni che non brilla più nell’olimpo del pantheon rosso. Dopo i diritti umani e i migranti, può forse mancare la beneficenza usata per avere più follower e firmare contratti stellari? Macché. È la sinistra.