Israele può cacciare Hamas. Anche se l’Onu lavora contro

"Morto nei bombardamenti": Israele uccide un altro leader di Hamas

Non appena iniziò la prima guerra di Israele, il 15 maggio 1948, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, allora partner privilegiato in Medio Oriente, imposero un embargo totale sulle armi a tutte le parti coinvolte, perché gli eserciti arabi avevano già i loro kit di armi leggere, mitragliatrici e artiglieria da campo forniti dalla Gran Bretagna, e persino alcuni aerei e carri armati, mentre gli ebrei avevano solo fucili e mitragliatrici.

L’obiettivo del ministero degli Esteri britannico e del Dipartimento di Stato americano era proprio quello di sconfiggere al più presto l’appena proclamato Stato di Israele, in modo da (…)

(…) preservare la stabilità del potere britannico sulla regione, comprese le basi aeree veramente strategiche dall’Egitto all’Irak (quella che i britannici hanno mantenuto a Cipro è ancora utilizzata ogni giorno dagli Stati Uniti).

Poi è successo qualcosa di completamente inaspettato: gli ebrei hanno iniziato a vincere, mentre i palestinesi fuggivano in preda al panico invece di accogliere le unità egiziane, siriane e giordane con incarico britannico che stavano invadendo il Paese. Avendo favorito la guerra per porre rapidamente fine a Israele, dovettero interromperla per salvare i loro alleati arabi al collasso, re Farouk d’Egitto, re Faisal d’Irak e l’emiro Abdallah di Transgiordania.

L’intraprendente ministero degli Esteri aveva pronto il rimedio necessario, prontamente sostenuto dall’obbediente Dipartimento di Stato: l’11 giugno 1948, l’allora nuovissimo Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite impose un cessate il fuoco totale, dopo 26 giorni di combattimenti. Se gli israeliani non avessero ripreso a combattere il 9 luglio 1948 per unire i frammenti di territorio strappati fino ad allora agli eserciti invasori, Israele non sarebbe potuto emergere come Stato vitale.

Lo schema stabilito per tutti i cessate il fuoco delle Nazioni Unite in tutte le guerre successive, vale ancora oggi: non appena Israele lancia la sua controffensiva e inizia a vincere, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (dominata da dittature e Stati musulmani) richiede un cessate il fuoco immediato, e subito aumenta la pressione perchè il Consiglio di Sicurezza ordini effettivamente il blocco delle attività belliche. Hamas non ha mai avuto la possibilità di vincere, ma se in qualche modo lo avesse fatto almeno per una settimana, l’Assemblea Generale non avrebbe nemmeno preso in considerazione l’ipotesi di un cessate il fuoco, proprio come accadde nell’ottobre 1973 quando Egitto e Siria sembrarono vincere durante la prima settimana di guerra.

Ma è solo per quanto riguarda i cessate il fuoco imposti dall’Onu che c’è continuità: tutto il resto è molto diverso ora che Israele non è più circondato da Stati nemici e deve vedersela solo con gli ausiliari dell’Iran a Gaza, in Libano e nello Yemen.

Gli Stati Uniti possono certamente contribuire a dissuadere Hezbollah e sono l’unica potenza in grado di disarmare la minaccia Houthi alla navigazione sul Mar Rosso e sul Canale di Suez, che sta già danneggiando gravemente l’Egitto e il porto saudita di Gedda. Ma solo Israele può mettere fuori gioco Hamas, combattendo in un vicolo, in un tunnel e in un bunker dopo l’altro in tutta la Striscia di Gaza.

Molto ragionevolmente, l’amministrazione Biden ha chiesto agli israeliani di sbrigarsi a combattere, invece di prolungare le sofferenze dei civili di Gaza che fanno gridare allo scandalo la sinistra rumorosa del Partito democratico. Altrettanto ragionevolmente, l’amministrazione Biden ha chiesto agli israeliani di usare meno potenza aerea, meno artiglieria e più fanteria per ridurre le vittime civili.

Ma muoversi più velocemente in un terreno urbano intricato, con molti grattacieli ideali per i cecchini e tunnel che si irradiano sotto gli scantinati da cui uscire all’improvviso dietro i soldati che avanzano, aumenterebbe drasticamente le perdite israeliane. Lo stesso vale per qualsiasi riduzione imposta sui tiri di artiglieria e sugli attacchi aerei. E fare entrambe le cose contemporaneamente, con un’azione più rapida sul terreno condotta con meno potenza aerea e meno artiglieria di supporto, moltiplicherebbe esponenzialmente le perdite.

Poiché i leader di entrambi gli schieramenti sanno queste cose, e poiché si rispettano reciprocamente, c’è un processo di reciproco accomodamento giorno dopo giorno. Ma Israele non può porre fine alla sua offensiva, né accettare dei cessate il fuoco in cambio di ostaggi che durino più del tempo necessario per le consegne dei sequestrati.

Le sue forze devono insistere giorno dopo giorno fino a quando ogni scantinato e ogni tunnel non saranno stati sgomberati, riducendo nel frattempo il numero di combattenti addestrati da Hamas. Al contrario, la cattura dei leader più importanti non può essere un obiettivo realistico: con tutti i loro soldi per pagare i famosi e sfuggenti contrabbandieri beduini del Sinai in grado di portarli ai loro jet privati, è fin troppo facile per loro raggiungere le suite a cinque stelle che li aspettano a Doha.

Ma se gli uomini armati di Hamas saranno così ridotti di numero da non poter più sottoporre la popolazione di Gaza alla guerra perpetua voluta dai miliziani, sarà una vittoria sufficiente. Anche se la macchina dell’Unwra per perpetuare lo status di rifugiati dei palestinesi fuggiti, non sarà sostituita dal loro reinsediamento, cosa che sarebbe dovuta accadere generazioni fa.

(2-fine)

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