Due anni fa a Natale Jean Alesi era finito in prima pagina per un petardo lanciato contro la finestra dell’ufficio di suo cognato architetto. Uno scherzo che fece più rumore del dovuto e finì in questura ad Avignone, prima di spegnersi. Questa volta sono altre le immagini che stanno facendo il giro del mondo: ecco Jean Alesi che fa il chierichetto nella notte di Natale. «È stata un’emozione particolare che mi porterò dentro», racconta dopo aver servito messa nella chiesa di San Francesco di Paola in via Manzoni, a due passi dalla sua casa milanese.
Jean Alesi chierichetto, come le è venuta l’idea? Aveva bisogno di una benedizione?
«Da anni ho una casa in centro a Milano e da cinque anni vado alla Messa della vigilia nella chiesa vicina. Ho conosciuto Monsignor Scotti, sono stato da lui prima della Messa e mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto fare il chierichetto. Non ci ho pensato su un attimo».
Come è stato?
«Una gran bella esperienza, molto emozionante, l’ho scritto subito anche su Instagram. Io prendo molto sul serio la Chiesa e la Fede».
Lo aveva fatto anche da bambino?
«No, da bambino no, anche se vengo da una famiglia siciliana molto religiosa e in Francia dove si erano trasferiti i miei genitori ho sempre frequentato la chiesa e il catechismo».
Era un bravo bambino il piccolo Jean?
«Pensi che mio padre per tenermi tranquillo mi ha sempre mandato a scuola da preti, negli ultimi due anni in un monastero di gesuiti vicino ad Avignone a Saint-Michel de Frigolet e lì hanno proseguito l’educazione religiosa che mi avevano dato in famiglia».
Cominciando dai nonni immaginiamo.
«I nonni erano molto legati alle tradizioni siciliane. Voi sapete bene quanto conti la religione in Sicilia. Con loro ricordo le messe nelle notti di Natale, ma anche la Pasqua e la festa di San Giuseppe con il bastone tradizionale».
Il suo rapporto con la Fede?
«Sono cresciuto in un ambiente dove la Fede è sempre stata presente. Io stesso continuo a frequentare la Messa e a pregare».
Lei non ha mai esibito la sua Fede come invece faceva Senna ai suoi tempi, raccontando anche di averlo visto accanto a lui in pista?
«Eravamo pudicamente tutti religiosi. Noi rischiavamo davvero la vita a quei tempi e ognuno aveva un suo Dio, qualcuno magari non era cattolico, cristiano, credeva in un altro Dio. Ma erano cose nostre, tutti avevamo il nostro modo di pregare, di affidarci al nostro Dio».
Senna esagerava?
«All’epoca mi aveva dato anche un po’ di fastidio, questo suo modo di spettacolarizzare la sua Fede, di raccontare quello che forse aveva visto davvero, chi lo sa… Mi ricordo che ero accanto a lui mentre raccontava del suo giro di qualifica a Monte Carlo in cui aveva visto Dio… Io ho sempre considerato la Fede una cosa molto intima». E solo alla vigilia dei sessant’anni (li compirà a giugno) lo ha voluto raccontare.