Stesso paese in provincia di Reggio Emilia dove viveva Saman, stessa nazionalità dei protagonisti, stessa vicenda fotocopia di quella della 18enne uccisa dalla famiglia nel 2021 per essersi opposta ad un matrimonio combinato. Questa volta, però, l’epilogo è diverso perché il padre-padrone pakistano di una ventenne minacciata per aver detto no alle nozze con un lontano parente è stato denunciato insieme alla seconda moglie. Per entrambi è stato disposto il divieto di avvicinamento alla ragazza e l’obbligo di braccialetto elettronico: sono accusati di maltrattamenti, l’uomo anche di costrizione o induzione al matrimonio. Una scampata tragedia, dunque, almeno stando alle parole pronunciate dall’uomo e dalla matrigna: «Se non ti sposi fai la fine di Saman».
La vittima di questa storia viveva a Novellara con il padre, sua moglie e fratelli nati dal secondo matrimonio. La mamma è morta in Pakistan quando lei era appena nata, ufficialmente per cause naturali, ma la giovane ha raccontato di aver sentito, quando era più piccola e viveva ancora nel suo Paese d’origine, che sarebbe stata invece uccisa dallo zio, il fratello maggiore del padre. E sarebbe proprio il figlio di questo zio il suo promesso sposo. Questo, almeno, avrebbe capito da alcune conversazioni ascoltate. Nel 2021 la ventenne era stata costretta alle nozze a distanza con il cugino, ma non ne voleva sapere di sposarlo fisicamente, come era in programma. La giovane ha raccontato ai servizi sociali che il genitore le aveva prospettato un imminente viaggio in Pakistan per sposare il parente mai visto prima. Un destino che lei, abituata come lo era Saman a vivere all’occidentale, non riusciva proprio ad accettare. Così, per timore della propria incolumità, si era convinta a trasferirsi a vivere in una comunità. La vicenda era seguita da tempo dai servizi sociali e i carabinieri di Novellara sono intervenuti prima che fosse troppo tardi. La Procura reggiana, diretta dal procuratore capo Calogero Gaetano Paci, ha immediatamente richiesto ed ottenuto dal gip del Tribunale di Reggio Emilia, l’applicazione nei confronti dei due coniugi, 52 anni, 37 lei, della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima: i due non possono andare nei luoghi abitualmente frequentati dalla vittima o in quelli immediatamente adiacenti agli stessi, devono mantenere una distanza di almeno 500 metri e hanno il divieto di comunicare con la ragazza con qualsiasi mezzo.
Le indagini hanno dimostrato che la ventenne non era libera di uscire di casa, non poteva cercarsi un lavoro, né avere contatti con il mondo esterno. Le era stata preclusa anche la possibilità di proseguire gli studi, interrotti dopo l’esame di terza media per volontà del padre. L’uomo e la matrigna le ricordavano sempre che era musulmana e che per questo doveva tenere comportamenti adeguati. Cercavano inoltre di convincerla a non fidarsi degli assistenti sociali, con i quali invece la giovane si è aperta. Sono stati loro ad aiutarla a sottrarsi ad un destino segnato.