E se fosse la cucina – e non la politica, il pallone o i diritti civili – la scatola nera dell’oltranzismo più vieto? Ce lo domandiamo da tempo, ancor più da quando lo chef Bruno Barbieri (foto) ha elettrizzato il nostro Natale postando bel bello una videoricetta di una pasta alle vongole funestata dall’uso del burro. L’ultima volta che questo lubrico grasso aveva fatto tanto scandalo fu quando era stato usato per usi pochissimo gastronomici nel film L’Ultimo Tango a Parigi; era il 1972 e in Italia per la Carbonara nessuno sarebbe entrato in clandestinità. Ora invece in nome suo e di tutti gli altri piatti della conservazione gastronomica italiana si combattono guerre sante sanguinose sul campo di battaglia dei social, che danno voce ai poveri di spirito e coraggio ai tremebondi.
Il povero Barbieri, va detto, nel video un po’ mette le mani avanti. Che poi, fosse il burro. A me, per dire, dà più fastidio il parmigiano, mentre del pangrattato francamente sono disposto a farmi una ragione. E comunque: essendo egli, portatore sano di certe giacchette bislacche, il giudice più accigliabile di Masterchef, come potrà prendersela con il mappazzonatore di turno, d’ora in poi?
Ma il punto non è questo. È che la cucina viene considerata forse abusivamente una forma d’arte ma le viene negato quello status di sovvertitrice dell’ordine che a ogni arte spetta. Lo chef non può épater les bourgeois perché ci sarà sempre qualche scongelatore di «Quattro salti in padella» disposto a vivere il cambiamento di una ricetta classica come un affronto personale, e questo a prescindere dalla appetitosità dell’oltraggio.