Il Santo Stefano di Giuseppe Conte sembra un film già visto. I toni sovranisti e gli attacchi ai giornalisti. Le liste di proscrizione e il veleno all’indirizzo del Pd. Il leader del M5s non lascia nulla al caso e continua la sua offensiva contro i progressisti in vista delle prossime elezioni europee. Stoccate a Repubblica e bombe a mano contro il Nazareno. La campagna d’inverno di Conte è un marchingegno collaudato. Il bersaglio è solo uno: la leadership di Elly Schlein. E Stefano Cappellini, editorialista del quotidiano di sinistra, è una vittima collaterale. La cronaca parla di un articolo scritto da Cappellini il 22 dicembre. «Il pandoro di Conte, che si oppone alla destra perché non è abbastanza destra», ci va giù duro il giornalista. La tesi del pezzo è che Conte sul Mes in Parlamento ha messo in scena nient’altro che «l’opposizione come coreografia». Urla contro il governo, tacciato di «essere prono ai voleri della Ue e di altre più forti nazioni». Per Cappellini Conte non accusa Meloni di essere sovranista, ma di non esserlo abbastanza. Salvo poi «votare insieme a Lega e Fratelli d’Italia». Perdendo così l’occasione di mettere in difficoltà il governo, così da compattare le opposizioni sul sì alla ratifica del Fondo Salva-Stati. Una critica puntuta, ma politica. A cui l’avvocato di Volturara Appula risponde con una lettera a base di fiele. Conte decide di alzare il polverone e contro il giornalista si scatenano anche gli haters, come da metodo del M5s delle origini. Infatti l’ex premier ripropone la lettera a Repubblica sui suoi profili social. E colpisce il contenuto politico. Pare di leggere il premier gialloverde, quello del sovranismo in Costituzione. Ci sono i riferimenti sprezzanti alla «gauche caviar». Non manca la rivendicazione del «nostro no alla troika». C’è la ricostruzione eroica di come l’avvocato, allora premier, in piena emergenza Covid si sarebbe rifiutato di cedere alle pressioni dell’Ue sull’attivazione del Mes. Seguono e precedono gli attacchi personali al giornalista, reo di «aggirarsi» per non meglio precisati «salotti». Poi le staffilate a «Meloni e Giorgetti», visti da Conte «chinare la testa davanti a Parigi e Berlino».
Il leader del M5s mira a Cappellini per colpire Schlein. La lettera a Repubblica è tutta una presa di distanza dai dem. La segretaria tace di fronte all’attacco alla stampa. Nel Pd, intanto, aumenta la quota di chi non vuole cedere al populismo di Conte. Dà voce al mal di pancia Pina Picierno, vice presidente del Parlamento Europeo. «Vedere un leader politico che attacca frontalmente un giornalista non è mai uno spettacolo decoroso», dice l’europarlamentare del Pd. Secondo Picierno, Conte avrebbe «lo stesso stile» delle «destre». Solidarietà a Cappellini anche da Italia Viva con la coordinatrice nazionale Raffaella Paita. Schlein è spiazzata, ancora una volta.
Monta poi la polemica attorno al retroscena di Repubblica sulla presunta telefonata che un dirigente grillino avrebbe fatto a Luigi Di Maio per cercare una sponda sul Mes. «Onestamente non mi risulta nessuna telefonata», ha fatto presente l’ex premier. «Vorrei chiarire – ha aggiunto – che il Movimento non cerca nessuna sponda». Di Maio però non ha smentito. «Chi del Movimento mi ha chiamato dopo le dichiarazioni di Meloni sul Mes è libero di dirlo», ha fatto presente l’ex ministro che ora ha un incarico per l’Ue.