Quattro presepi alternativi. Per un omaggio al politically correct. Più Europa sceglie la strada della contemporaneità più liquida e arcobaleno: ecco una coppia di Madonne affiancate, poi il Gesù bambino di colore, la Madonna single e, già che ci siamo, pure due Giuseppe. Polemiche e scintille, mancava l’assedio della politica al Natale, ecco, ci siamo.
Con la rabbiosa reazione di un’imprenditrice italiana nata in Albania. Anita Likmeta, che annuncia l’addio al partito: «Se +Europa pensa di difendere la diversità con ammiccamenti ipocriti alla tradizione, io per il ruolo della Madonna lesbica non sono disponibile. Addio a +Europa e buon suicidio politico (non assistito)». Anita Likmeta non è proprio una celebrità, ma il suo sfogo è una testimonianza del disagio davanti alla disinvolta manipolazione di un patrimonio di cultura e storia. Il presepe non è un elemento posticcio, ma il segno potente di un’espressione popolare di fede che risale a San Francesco e alla sacra rappresentazione di Greccio. E però Più Europa gioca con le varianti postmoderne, cercando di allinearsi al nuovo che dilaga: «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare». E in effetti il partitino di Riccardo Magi, Federico Pizzarotti e Benedetto Della Vedova cerca di stupire, mischiando la versione canonica con elementi dell’attualità: oggi la famiglia tradizionale sa di vintage, anzi il sostantivo va declinato al plurale, meglio se con tendenza gender, e poi ci sono i migranti che premono e chiedono un posto sulla paglia accanto al bue all’asinello: a proposito, non è che presto pure qui avremo novità? Insomma, anche la Sacra Famiglia, che pure aveva retto per 2mila anni, deve adattarsi. Già don Vitaliano Della Sala, parroco a Mercogliano, in provincia di Avellino, aveva realizzato un presepe con due mamme, suscitando le ire di Maurizio Gasparri che aveva definito l’opera blasfema. Adesso, Più Europa flirta con i sentimenti, lanciando un presepe inclusivo che più inclusivo non si può: la Madonna è single ma ha due bambini; poi c’è la versione con due madri e, per parità di genere, ci mancherebbe, pure quella con altrettanti padri. Infine, il Gesù bambino di colore, che forse a confronto con le altre tre appare già più datata.
Sia chiaro, la fede cristiana accoglie le differenze e certo non si ferma davanti a nessun ostacolo o orientamento, sessuale, etnico o di altra natura. Ma non si capisce perché la politica debba inseguire le mode, o meglio le tendenze, forse per strappare qualche effimero consenso nei sondaggi. E titoli ad effetto sui giornali. Si deve però registrare anche il disappunto dei tanti, disorientati se non scandalizzati dalla sovrappone della filosofia oggi dominante alla realtà, imponendo una lettura che sembra uno spot all’ideologia gender.
«Ricordiamo ai parlamentari di +Europa – replica Antonio Baldelli, deputato di FdI – che il presepe è il simbolo non solo della tradizione ma anche del sentimento religioso di 1,3 miliardi di cattolici nel mondo. Dunque se non piace è sufficiente non utilizzarne l’immagine né il significato. Ma capisco che sia difficile cercare di dare visibilità e senso a un vuoto programmatico e politico».
Non basta, in un clima effervescente si fa sentire anche Alessandro Di Battista: «Il giorno in cui si festeggia la nascita di un bambino nato in Palestina, sempre in Palestina l’ennesimo criminale bombardamento israeliano ha fatto l’ennesima strage di bambini». Il sangue innocente è sempre un pugno nello stomaco, peccato che Di Battista pieghi la storia e quella di Gesù, inventando una Palestina immaginaria. E cambiando pure la carta d’identità di Nostro Signore.