Le parole d’ordine per Giorgio Ceccarelli sono: tutelare i figli. Dal rapimento da parte di un genitore, dal genitore non indigente che non eroga l’assegno di mantenimento, dall’omicidio di un genitore per mano dell’altro. E sull’ennesimo femminicidio, quello di Vanessa Ballan avvenuto sull’uscio di casa, dice a IlGiornale.it: “Questo femminicidio è l’ennesima prova che le attuali riforme non servono a nulla. Gli uomini ‘fuori di testa’ per un amore negato continueranno a uccidere le donne. L’unica soluzione è tagliare la radice. In questi casi la radice è l’uomo violento. Va bloccato immediatamente e curato/disinnescato in strutture protette dotate di professionisti come psicologi, psichiatri, sociologi e così via”.
È questo il succo della sua nuova proposta: non sono le persone sopravvissute a una violenza a dover stare in una struttura protetta, magari con i figli minori, ma queste persone hanno invece il diritto di restare a casa propria, mentre è la persona violenta che va presa in carico. Ceccarelli è fondatore dell’associazione Figli Negati e del movimento “L’Armata dei Padri”. Ed è un fiume in piena nel tirare le somme del già fatto e le sottrazioni di ciò che ancora c’è da fare. Soprattutto in tema di sottrazione di minore, che è stato l’argomento di una sua recente apparizione a “Chi l’ha visto?”.
Dottor Ceccarelli, come nasce l’idea de “L’Armata dei Padri”?
“Nel 1996 sono finito in carcere, dopo essere stato fermato ad Alatri. Sotto il sedile della mia auto fu trovato l’equivalente di 100 milioni delle vecchie lire in cocaina pura. Dopo 9 giorni sono uscito, mentre vennero poi condannati in via definitiva la mia ex suocera, un detective e un maresciallo della Finanza. Nessuno di loro ha fatto un’ora di galera. E io non ho ricevuto un risarcimento danni dallo Stato, ho avuto 30mila euro di provvisionale in appello, con cui ho pagato il mio avvocato. Avrei dovuto fare, in quel periodo, l’esame di Stato, per diventare avvocato io stesso, ma ero distrutto”.
E poi?
“Avevo odio dentro, un senso di rivalsa e di vendetta mostruoso e allora mi sono detto: o ammazzo qualcuno o cambio l’Italia. Ho scelto la seconda opzione, perché mi sono reso conto che non ero solo. Così è nata l’associazione Figli Negati e poi il movimento pacifista ‘L’Armata dei Padri’, perché molto spesso i padri, dopo una separazione si ritrovano ad affrontare enormi difficoltà”.
Di cosa vi occupate?
“Abbiamo dato vita a moltissime manifestazioni e iniziative di piazza, che sono servite a cambiare le cose, per esempio l’ottenimento dell’affido condiviso nel 2006 o la circolare scolastica nel 2005, con la quale i padri separati potevano avere accesso alle pagelle dei figli e la possibilità di interloquire con gli insegnanti. Prima della circolare, se la madre si opponeva, il padre era costretto a fare ricorso al Tar per un pezzo di carta che era suo diritto visionare”.
Come lo fate?
“Cerchiamo di diffondere un livello culturale positivo: i crimini non riguardano solo un genere, ma ci sono persone ‘fuori di testa’ che li commettono. Se un uomo commette femminicidio, non è colpa di tutti i padri, così come se una donna commette infanticidio non è colpa di tutte le madri. Ho presentato per questo un progetto innovativo”.
Di cosa si tratta?
“Le distanze restrittive, i braccialetti elettronici e altre misure simili non sempre funzionano. Chi è ‘fuori di testa’ è incontrollabile ed è isolato dalla società e per questo pericolosissimo. La solitudine viene sottovalutata dallo Stato. Credo per questi uomini debbano esserci strutture protette, come quelle dedicate alle donne: non sono le vittime a dover lasciare la propria casa per entrare in una struttura protetta, ma gli uomini pericolosi, affinché possano avere un contatto con dei professionisti che li aiutino a spegnere l’incendio che si portano dentro”.
Come si può fare?
“Quando una donna va in pronto soccorso e le viene refertato qualcosa di molto chiaro, senza attendere il processo, il responsabile deve essere posto in una struttura, lasciando la donna libera di circolare. Certo, ci sono anche molte false accuse, e vanno punite severamente: le donne che fanno le false denunce nuociono alle altre che invece subiscono reati gravi. Naturalmente l’intero fenomeno vale anche a generi inversi”.
In che senso?
“A ‘Chi l’ha visto?’ abbiamo trattato la vicenda di un padre a cui la compagna aveva portato via la figlia, scomparendo: l’uomo riceveva frasi e messaggi molto violenti dalla compagna. Quando accade questo con un uomo forte non ci sono grosse conseguenze, ma quando accade a un uomo fragile, se gli si dice ‘ammazzati’, è capitato che lui si togliesse la vita per davvero. L’istigazione al suicidio è un reato grave. Il 7 aprile celebriamo il memorial day, perché in questo giorno nel 2006, di fronte al tribunale di Aosta, un padre separato si è dato fuoco. Si chiamava Antonio Sonatore, era un maestro elementare. Il nostro messaggio vuole essere positivo, vuole limitare i danni dopo una separazione: non si deve fare autolesionismo né nuocere agli altri, ovvero non uccidersi o uccidere altri”.
Avete a disposizione dei dati?
“Ultimamente si parla di 200 papà che si suicidano ogni anno in Italia. Ma non c’è una banca dati, che invece è necessaria. Per aiutare le donne in difficoltà si è molto avanti, ma io vorrei fare la stessa cosa per i papà. Posso parlare in quanto fonte diretta e con i dati dell’associazione, perché sono decenni che mi occupo dei papà, ma servono dei dati statistici. Per questo sto conducendo un sondaggio”.
Di cosa si tratta?
“Sto chiedendo a tutti gli uomini mai sposati o mai risposati la ragione della loro scelta. Voglio capire se gli uomini non vogliono sposarsi e fare figli per le conseguenze che corrono in caso di separazione. Credo che un contratto prematrimoniale sia molto importante in tal senso per stabilire le conseguenze in caso di separazione”.
Cosa si può fare attualmente per tutelare i bambini da situazioni pericolose o comunque dannose?
“I bambini hanno bisogno di due genitori e quattro nonni. A questo diritto è dedicata la marcia del ‘Daddy’s Pride’ che facciamo ogni anno dal 2006. Siamo stati in mezza Europa per trattare l’argomento dei diritti dei figli a vedere entrambi i genitori e tutti i nonni. Il rapimento dei figli in Italia viene chiamato sottrazione di minore, è una violenza psicologica mostruosa, ma si rischia una pena da 1 a 3 anni di reclusione, mentre all’estero è un reato punito molto più severamente. Le leggi in tal senso dovrebbero andare nella stessa direzione in cui vengono puniti i rapimenti legati alla criminalità organizzata”.