Fino ad oggi è rimasto un vero e proprio mistero, la sparizione dell’aereo passeggeri Mh370 della Malaysia Airlines, scomparso l’8 marzo 2014 durante un volo da Kuala Lumpur a Pechino. Nessun problema segnalato nei primi 40 minuti di volo, ma solo pochi secondi dopo aver attraversato lo spazio aereo vietnamita, l’MH370 scomparve completamente dal radar e tutti i successivi tentativi di contatto fallirono. Da quel momento l’unica domanda è cosa sia successo realmente successo.
La possibile svolta
Oggi, dopo tanti anni e innumerevoli ricerche di quello che viene considerato uno dei misteri aeronautici più inquietanti di sempre, un gruppo di esperti sostiene che l’aereo potrebbe essere ritrovato in pochi giorni, grazie ad un nuovo studio. Subito dopo la scomparsa erano iniziate massicce ricerche partite dall’Oceano indiano nella costa uccidentale dell’Australia, fino all’Asia centrale ma del Boeing 777 e dei 227 passeggeri e dei 12 membri dell’equipaggio nessuna traccia. A settembre di quest’anno però, Jean-Luc Marchand un esperto aerospaziale e il pilota Patrick Blelly hanno chiesto una nuova ricerca e portato nuove prove. La coppia ha detto che l’aereo potrebbe essere trovato in 10 giorni.
“Dai nuovi calcoli l’area dove concentrare le ricerche è ora più limitata. Considerando le nuove tecnologie l’aereo potrebbe essere ritrovato in 10 giorni“. La notizia è balzata sui principali quotidiani e il Mail Online ha riportato che i due esperti hanno chiesto alle autorità australiane per la sicurezza dei trasporti, al governo malese e alla società di esplorazioni Ocean Infinity ad avviare una nuova ricerca.
Dove si troverebbe quest’area
La nuova zona suggerita, non sarebbe stata battuta perché i due esperti sono convinti che l’aereo sia stato volontariamente dirottato. “Pensiamo, e lo studio fatto lo dimostra, che il dirottamento è stato eseguito da un pilota esperto. Con la cabina depressurizzata è stato effettuato un ammaraggio controllato, in modo da non lasciare troppe tracce o detriti. In quel momento l’aereo non era visibile dai radar civili ma è stato comunque seguito dai satelliti“. Teoria confermata anche da precedenti ricerche che hanno mostrato come i radar militari lo abbiano tracciato per un’ora dopo la scomparsa, mentre deviava verso ovest rispetto al piano di volo.
Il tracciamento
Il Boeing uscì dalla portata dei radar circa 370 km a nordovest dell’isola di Penang, ma fu possibile ottenere delle informazioni dai sistemi di comunicazione satellitare che vengono utilizzati per trasmettere messaggi dalla cabina di pilotaggio e messaggi automatizzati dalle apparecchiature di bordo alle stazioni di terra. Stando agli esperti, si possono trarre alcune deduzioni a partire proprio dalle comunicazioni satellitari. La prima è che l’aereo rimase operativo fino almeno a sette ore dopo l’ultimo contatto con il controllo del traffico aereo sopra il Mar Cinese Meridionale. I dati indicano inoltre che si muoveva a una velocità molto elevata.
L’ultima comunicazione registrata dalla stazione di terra è stata effettuata quando l’aereo era in volo da 7 ore e 38 minuti. Il volo Kuala Lumpur-Pechino è di circa 5 ore e 36, si pensa quindi che dopo quel tempo il carburante stesse per finire. Questo dato è compatibile con quelli del carburante, che indicano come nel Boeing 777 ne erano stati caricati 49’100 kg (per arrivare fino a Pechino ne bastavano 37’200), quantità con cui avrebbe potuto rimanere in volo per 7 ore e 31 minuti circa.
Le precedenti ricerche
Numerosi detriti, confermati essere parti dell’aeromobile, vennero trovati sull’isola di Riunione e al largo delle coste del Madagascar tra il 2015 e il 2016. Ma le ricerche dell’aereo scomparso nell’Oceano Indiano meridionale sono state finora infruttuose. Una ricerca subacquea congiunta di Australia, Malesia e Cina, costata 200 milioni di dollari, si è conclusa nel gennaio 2017 con un nulla di fatto. Anche una seconda ricerca della società americana di esplorazione marina Ocean Infinity, avviata a gennaio 2018 e durata sei mesi, non ha avuto successo.
La nuova tecnologia
In questo nuovo studio di ricerca Richard Godfrey, il dr. Hannes Coetzee e il prof. Simon Maskell, hanno utilizzato una tecnologia radioamatoriale innovativa chiamata Weak Signal Propagation Reporter (WSPR) per rilevare e tracciare il volo. Questa è stata sviluppata negli ultimi 3 anni e i risultati rappresentano una nuova possibilità nella ricerca dell’MH370.
Partendo da una posizione radar nota, lo studio ha ricostruito 67 posizioni dell’aereo nelle successive 6 ore e 27 minuti di volo, rilevate da un totale di 125 collegamenti WSPR anomali. (WSPR che sta per Weak Signal Propagation Reporter, un sistema automatico utilizzato dai radioamatori per lo studio della propagazione e per testare “sul campo” le antenne attraverso la trasmissione e la ricezione automatica di segnali deliberatamente deboli, ndr).
I risultati sono in linea con le analisi precedenti portate avanti da Boeing, Inmarsat e con l’analisi della deriva condotta dall’Università dell’Australia Occidentale dei detriti galleggianti dell’MH370 recuperati nell’Oceano Indiano. Il Prof. Simon Maskell sta anche sviluppando ora una variante dell’algoritmo inizialmente sviluppato da DSTG Australia (Defence Science and Technology Group, la principale agenzia del governo australiano, ndr), per determinare la probabile posizione dell’incidente dell’MH370, ma questa volta modificata con i dati WSPR. Si spera quindi che questa ulteriore ricerca possa individuare i resti dell’aereo e dare una risposta a questo mistero.