Buon Natale. L’augurio che ogni persona, a qualsiasi religione appartenga, può ricavare da questo saluto è: amore, rispetto, compassione. È facile. Basta guardare le pubblicità, i film per bambini. Dicono: i buoni sentimenti devono vincere. La società democratica è fatta per questo, intorno vi abbiamo costruito una morale che ha al suo centro i diritti umani. Ci abbiamo messo un impegno particolare costruendo l’Ue oltre all’Onu, da quando, con la fine della seconda guerra mondiale, il mondo occidentale si è impegnato per una seconda occasione di riscatto della storia umana, dopo il nazismo. E più avanti, ha ripreso la strada con la fine del comunismo. Purtroppo però il mio augurio odierno si accompagna a una constatazione: dobbiamo di nuovo concentrarci per salvare il mondo perché, dopo il 7 ottobre, di nuovo abbiamo in mano solo i cocci di un cammino globale verso il bene.
Quel giorno si è compiuta la rottura dell’idea che comunque si sia su una strada di miglioramento globale, che i conflitti possano essere gestiti con trattative o scontri contenibili, che le diverse etiche, religioni possano trovare un punto di accordo. Ciò che si è visto a Sderot, a Be’eri, a Kfar Azza è gigantesco; può essere capito solo recuperando la categoria dell’esistenza del male e quindi impegnandoci poi a combattere. Il mondo ha visto quello che, esaltati da una ideologia omicida, esseri umani hanno fatto e possono fare ad altri esseri umani. L’avevamo già visto col nazismo, in Asia coi genocidi comunisti, poi il terrorismo islamico di Al Qaida e dell’Isis ci hanno rieducato all’orrore insieme all’aggressione russa all’Ucraina. Ma qui è stato peggio, è stato uno a uno, bambino per bambino, madre per madre, con immensa soddisfazione degli assassini. Purché fosse ebreo. E subito, è seguita l’ondata mondiale di antisemitismo che indica la pericolosità globale, nel mondo dell’Islam estremo e dei suoi alleati, del fascino del male. Non voglio nel giorno di Natale ripercorrere la memoria degli stupri, dell’incenerimento, delle decapitazioni. La scena dei kibbutz esprime la fallimentare ipotesi che basti porgere la mano perché venga stretta.
Il più atroce errore, portatore di altri disastri, è quello di disconoscere la necessità di battere un nemico ideologico pronto a tutto pur di eliminarti e cercarne l’appeasement. Così fanno quelli che chiedendo la pace senza aggettivi: il Papa manda Krajewski a Betlemme, certo è pieno di buona volontà. Ma è difficile abbandonare i cliché pacifisti in nome di una visione che separi il bene dal male, e che aiuti a organizzare spiritualmente la lotta per quello che è. Ma proprio per difendere i cristiani è l’ora di farlo. Modestamente, vorrei dedicare questo Natale, da Gerusalemme, a un bambino sugli 8-10 anni che in un filmato degli assassini, corre su un prato verde inseguito dai grossi figuri mascherati e armati. È più stupefatto che terrorizzato: si legge nel suo alzare le piccole braccia e piegarsi per terra ormai vinto, che finora ha conosciuto solo dolcezza. Forse si è chiesto se era tutto un gioco, finché lo si vede aggredito a botte mortali in testa.