Dopo aver dato notizia ai nostri lettori che una sorta di circolo positivo proseguiva intorno al lavoro per raccogliere fondi per salvare uno dei capolavori laici di Giuseppe Verdi, la casa-villa di Sant’Agata, proprietà in procinto di finire all’asta, ecco giungere una notizia fulmine: il ministero della cultura avrebbe espropriato la Villa! Detta così sembrava qualcosa di molto dissonante con il clima instaurato fino ad ora, piuttosto lontano dal concetto di esproprio, proletario o culturale che sia. Ieri, proprio nella vicina cittadina di Busseto si teneva infatti la replica di un concerto diretto da Riccardo Muti finalizzato a salvare quella Casa-simbolo della terra in cui Verdi aveva radici profonde, che aveva ampliato e governato con lungimirante saggezza, il cui dissesto successorio lo avrebbe certamente scosso più di qualunque fiasco operistico. Il comunicato che rappresenta un’accelerazione degli eventi che avevano portato ad una concreta offerta pecuniaria per rilevare la proprietà, parla di «avvio di procedimento di dichiarazione di pubblica utilità finalizzata all’esproprio». Nella sua formulazione leguleia sembra promettere che la Villa possa a breve assumere lo status necessario alla sua salvezza, come nel desiderio di tutte le parti in causa, per diventare un museo visitabile e sempre aperto al pubblico di tutto il mondo. Lo merita quel luogo straordinario che le generazioni precedenti di Carrara Verdi avevano preservato scrupolosamente, come se il Maestro non fosse morto e sepolto a Milano, ma fosse solo uscito per un giro nei poderi o un salto al mercato del bestiame. Ora lo stampo di quell’Uomo sembra essersi rotto, salvarne l’eredità culturale è ancor più imperativo.