Mentre il resto del paese si prepara all’orgia consumistica all’insegna di panettoni, zamponi e regali più o meno indovinati, tempo di guardare alla strana 17a giornata del campionato di Serie A, anticipata di un giorno per lasciar spazio alle celebrazioni del Santo Natale. Cosa vi siete persi se eravate a sgomitare in un centro commerciale o in un supermercato chiedendovi da dove sia uscita quella massa di umanità strabordante? Diverse cose interessanti. Allenatori in crisi, bandiere che perdono la testa, talenti che sbocciano, portieri che da saracinesche diventano colabrodi e parecchio altro. Ecco quindi il nostro solito pagellone della Serie A, nel quale vi raccontiamo il meglio e il peggio del fine settimana del massimo campionato italiano.
Yildiz e Vlahovic, segnare è tutto (8)
Affrontare il Frosinone che ha appena asfaltato i campioni d’Italia in carica non era certo la cosa più semplice del mondo, specialmente se devi fare a meno di uno dei pochi in rosa che ha sempre provato a fare la differenza. Di Francesco ci prova fino alla fine a rendere la vita difficile alla Juventus, specialmente considerato che sull’1-1 ai frusinati erano capitate un paio di palle gol niente male per fare un altro sgambetto memorabile, stavolta alla Vecchia Signora. Il problema è che il sempre fortunato Max Allegri pesca dal cilindro due jolly. Il primo è un ragazzino terribile che ha fatto trasalire parecchi tifosi bianconeri quando hanno letto il suo nome nella formazione ufficiale. E chi cavolo è Kenan Yildiz? Possibile che a soli 18 anni possa far meglio di uno come Vlahovic? Chiedere a Turati, che è ancora lì a chiedersi come è possibile che questo giovinastro sia riuscito a farsi largo tra tre difensori e mettergli un tiro velenoso proprio sul suo palo.
Il talentino turco è diventato il marcatore straniero più giovane della lunga e prestigiosa storia della Juventus. Quando il Frosinone trova il pari, Allegri fa entrare in campo il titolare vero, affidandosi alla coppia pesante Vlahovic-Milik. Il serbo finora ha sbagliato l’insbagliabile, sprecando occasioni su occasioni e quando si mangia un gol davanti a Turati immagini che sarà il solito calvario. A dieci minuti dalla fine, invece, ecco la liberazione, con uno dei suoi colpi di testa nei quali sembra voler scaricare le frustrazioni di questi mesi complicati. Basterà per tornare quel talento trascendentale visto a Firenze? I tifosi bianconeri ci sperano: noi abbiamo qualche dubbio ma, a questo punto, tutto è possibile.
Guendouzi si prende la Lazio (8)
D’accordo, l’Empoli, con tutto il rispetto per la realtà toscana, non è certo al livello del Bayern Monaco ma il fatto che la Lazio si sia presentata al Castellani e se ne torni a casa con tre punti tre nella stessa giornata nella quale escono infortunati due pezzi da novanta come Ciro Immobile e Luis Alberto è impresa davvero memorabile. Sarri respira aria di casa, visto che è cresciuto a pochi chilometri da qui, in quel di Figline Valdarno e trova il modo di infliggere un dispiacere all’Empoli. Come c’è riuscito? Grazie principalmente a due prove da applausi a scena aperta dei soliti noti, due giocatori che stanno diventando imprescindibili per le Aquile. Su Ivan Provedel, portiere goleador che alterna prestazioni memorabili a papere incomprensibili, si è già scritto molto ma cosa vuoi dire ad uno che nel giro di poco più di un minuto mette due parate per niente banali? Visto che c’era, decide di ripetersi togliendo un gol a Cambiaghi che sembrava già fatto. Non c’è niente da fare: quando è in giornata non ce n’è per nessuno.
Il vero protagonista è però un calciatore di quelli strani, talentuosi ma mercuriali, difficile da gestire e talvolta problematico ma che sa sempre come fare la differenza. Il rapporto tra Matteo Guendouzi e la sempre complicata tifoseria biancoceleste sta finalmente sbocciando: dopo prestazioni come quella messa ad Empoli le cose non potranno che andare sempre meglio. La grinta e la voglia ce l’ha sempre messa, fin da quando si era fatto notare al Camp des Loges, cantera del Psg, ma da qualche tempo aggiunge alla visione di gioco chiusure millimetriche in fase d’interdizione. Si diceva “è bravo, ma non segna mai” e la cosa, in effetti, non è molto lontana dalla verità. Al Castellani, invece, non solo si sblocca ma va anche vicino alla doppietta. Visto che c’era, estorce un pallone a Baldanzi e lo consegna a Zaccagni per il 2-0. Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.
Un Inter inossidabile (7)
Ospitare una squadra rognosa come il Lecce poco dopo la ferale notizia dell’infortunio del capitano di nome e di fatto, quel Lautaro Martinez che ha tolto le castagne dal fuoco tante volte a Simone Inzaghi. Roba difficile, tanto da farti andare di traverso in anticipo il costosissimo panettone artigianale? E chi l’ha detto? L’Inter va avanti come un treno merci, inesorabile, inarrestabile, inossidabile e mette sotto anche i salentini. Anche quando alcuni baluardi non sono al meglio, a salvare il tecnico piacentino e rintuzzare l’assalto della Juventus ci pensano gente come il maestro Mkhitaryan ma anche un paio di protagonisti inattesi. Yann Bisseck, che fino a qualche giorno fa avrebbe fatto sollevare entrambi i sopraccigli a molti tifosi della Beneamata, si sta rivelando un’ottima notizia per i nerazzurri.
A parte segnare il gol del vantaggio, gioca con una sicurezza e una personalità che non ti aspetti: a questo punto non è più una sorpresa e non sarà semplice togliergli quella maglia da titolare. La cosa che fa paura (agli altri) è che dà la sensazione di poter crescere ancora parecchio. Quella che non ti aspetti, invece, è la partita di Marko Arnautovic, bomber di riserva che finora aveva combinato solo disastri. L’austriaco inizia pure male, mangiandosi un gol che grida ancora vendetta ma poi si trasforma, mettendo una prova micidiale. Il tacco che vale il gol di Barella è roba che bisogna essere un po’ fuori di testa solo a pensarla. Sarà la svolta definitiva? Lo spero proprio: si meriterebbe di raccogliere quanto ha seminato in questi ultimi anni.
Ferguson fa sognare Bologna (7)
Ti immagini che una squadra giovane come il Bologna, circondato da un clima di euforia che in Piazza Grande non si vedeva dall’epopea mitica di Fulvio Bernardini, messa di fronte ad una vera e propria grande come l’Atalanta del maestro Gasperini ritorni precipitevolissimevolmente sulla terra, spegnendo quell’entusiasmo innaturale all’ombra della Torre degli Asinelli. Thiago Motta non si fa mai prendere dalla frenesia e continua con la solita ricetta: umiltà, rigore tattico e tanto impegno. La Dea che si presenta al Dall’Ara gioca bene come al solito ma non ha la solita cattiveria sotto porta, sprecando parecchie palle gol, prima di tutte quella divorata da Lookman. I felsinei, però, in campo ci sono eccome e possono contare sul solito Freuler a centrocampo.
Quando Zirkzee non fa vedere cose trascendentali e Ndoye non è il solito fulmine di guerra, chi ti esce a salvare la striscia di vittorie interne dei rossoblu? Un portiere la cui titolarità era stata messa in dubbio e un’attaccante scozzese che sembrava aver perso il treno del calcio che conta. Skorupski fa una partita quasi perfetta, negando ad Ederson un gol praticamente fatto ma è Lewis Ferguson a meritarsi la palma del migliore in campo. Davanti alla porta non ha mai brillato, far gol non sarà mai il suo mestiere, visto che di solito preferisce fare il lavoro sporco, quello che rende le squadre vincenti. Oggi no, oggi è il suo momento di segnare e far esplodere un Dall’Ara che non crede ai suoi occhi.
SuperPippo inguaia Pioli? (4,5)
Gli dèi del calcio hanno un senso dell’umorismo davvero malsano. Possibile che a dare il via all’ennesima crisi d’identità di un Milan troppo inconsistente per reggere il peso delle aspettative sia uno degli idoli più amati dalla tifoseria del Diavolo? Assolutamente sì, almeno a giudicare dalle conseguenze del pareggio strappato in extremis dall’undici di Stefano Pioli all’Arechi. Filippo, ora e sempre SuperPippo Inzaghi per poco non riesce nell’impresa di fermare la corsa del suo Milan e, magari, vendicare quell’esonero forse troppo affrettato, comunicato via e-mail nel giugno del 2015. La panchina dell’ex bomber rossonero scottava parecchio e non è detto che il pari basti ad evitargli l’ennesima cacciata. Personalmente lo riterrei un grave errore, visto che, nonostante lacune più che evidenti, la Salernitana gioca bene e segue le sue indicazioni. Dopo l’ennesima partenza storta, i granata non solo tornano in partita ma mettono sotto un Milan quasi sotto choc. Il gol di Jovic nel finale è una doccia gelata ma non cancella l’ottimo lavoro fatto dal tecnico piacentino. Speriamo basti.
Se Atene piange, Sparta certo non ride. La prova messa dal Diavolo in quel di Salerno è davvero sconcertante, visto che è difficile giudicare una squadra che sembra aver giocato tre partite diverse in soli 90 minuti. Nonostante abbia gli uomini contati ed abbia dovuto far fronte all’ennesimo, assurdo infortunio muscolare di un titolarissimo, il trentesimo in nemmeno mezza stagione, il Milan era partito pure bene. Dopo aver trovato il vantaggio con Tomori, non riesce però a chiudere i conti e consente a Fazio di andare negli spogliatoi sul pari. Quello che è incomprensibile è come il Diavolo torni in campo senza verve, senza il proverbiale carattere. L’infortunio del centrale inglese è l’inizio della fine, visto che la papera di Maignan sembra spedire il Diavolo all’inferno. Hai voglia a prendertela con l’arbitro, certo non perfetto o con la mancanza di fair play dei campani, il Milan per ampi tratti è evanescente. Le cose migliorano nel finale quando Jovic e Chukwueze suonano la carica. Il gol dell’ex Eintracht basterà per garantire un Natale sereno a Pioli? Chi può dirlo? Provare a capire le logiche dei rossoneri è impresa tanto impossibile quanto futile.
La dura legge del gol (preso) (4)
Si dice che ogni portiere debba aver perso qualche venerdì per strada. D’altro canto, non bisogna esserci proprio per giocare in un ruolo dove puoi fare ogni genere di miracolo assurdo per 89 minuti e venire crocefisso in sala mensa per un singolo errore. Come fai a diventare una personcina equilibrata in condizioni del genere? Prendete le prestazioni di due portieri che, a parte i due errori che sono costati carissimo alle rispettive squadre, avrebbero fatto gare quasi memorabili. È giusto che siano sul banco degli imputati, additati al pubblico ludibrio di un pubblico che ha la memoria di un criceto? Assolutamente no. È evitabile. Neanche per sbaglio. Mike Maignan in quel di Salerno ha evitato gol su gol, mettendo interventi clamorosi, contribuendo a tenere a galla un Milan nel quale per trovare una sufficienza bisogna cercare parecchio. Poi si trova davanti un marpione come Candreva, ha un momento di follia e rovina tutto.
Vedi sopra per quanto riguarda l’ottimo portiere del Monza, uno che in ogni singola partita che gioca mette una media di due/tre parate decisive. Michele Di Gregorio non sbaglia praticamente niente, dirige la difesa brianzola come se fosse Abbado ed è quasi sempre decisivo. È quel “quasi” che lo frega, visto che, su un passaggio difensivo come mille altri, non ha l’accortezza di temere la furbizia e la rapidità di Lucas Beltran, uno che fin da quando giocava al Monumental gol di rapina ne ha segnati parecchi. Ecco che arriva il tocchetto maligno e la rete che si gonfia, condannando il Monza ad una sconfitta forse immeritata. Già, perché, a ben vedere, nell’undici di Italiano sono ben pochi ad essersi guadagnati più di una sufficienza striminzita: a parte l’ex juventino Arthur, gli altri hanno messo una partita mediocre. Il Monza ha perso più per l’incapacità di abbattere il fortino messo in piedi da Italiano ma dietro la lavagna ci finirà Di Gregorio. E poi ci si domanda perché i portieri siano strani…
Napoli, urge camomilla subito (3)
Probabilmente per capire cosa sia successo nel secondo tempo di Roma-Napoli servirebbe più uno psicologo di un esperto di calcio. Di gare importanti, nelle quali in palio c’è molto di più dei tre punti nel calcio se ne vedono spesso e volentieri ma non tutte finiscono in un casino immondo come successo all’Olimpico sabato sera. C’è chi sospetta che le sceneggiate dello Special One siano state fatte ad arte per alzare ancora la pressione su un Napoli che, comunque, fino al 70’ non è che avesse combinato chissà quali disastri. Del lavoro condotto da Mazzarri ci sarà tempo di parlarne all’infinito in attesa dell’ennesima portata del cenone ma vogliamo guardare un attimo le partite degli imputati numero uno, quei Politano ed Osimhen che hanno inguaiato il tecnico toscano? Se l’azzurro si era visto poco o niente nel primo tempo, l’avanti nigeriano era apparso da subito troppo nervoso, come se il rinnovo lo avesse caricato di troppe responsabilità.
Proprio quando lo scatto che aveva finalmente liberato al tiro Kvaratskhelia sembrava averlo sbloccato, Politano si lascia andare allo stupido calcetto che gli costa un rosso. Osimhen, che alla maglia ci tiene eccome, nel momento più difficile cosa fa? Azzarda un intervento inutile su El Shaarawy, si becca il secondo giallo e poi perde la testa, rischiando una squalifica ancora più pesante. Ovvio che, nonostante Mazzarri provi a limitare i danni, nel finale la Roma metta il 2-0 definitivo. Un consiglio spassionato? Meno Red Bull, più camomilla. Tanta, tanta camomilla a tutte le ore. Hai visto mai funzioni?