Non ci gira intorno: «Era già tutto chiaro nel 2019».
Chiaro cosa?
Roberto D’Agostino, il signor Dagospia, ridacchia: «Sono andato in tv da Chiambretti e mi sono trovato a tu per tu con la mamma di Chiara, la signora Marina Di Guardo, autrice di un thriller ad alto contenuto erotico, La memoria dei corpi, ambientato sulle colline emiliane, dove un uomo conosce una bellissima fanciulla che lo trascina in un abisso di piacere».
Che vi siete detti?
«Le ho chiesto come si era documentata sulle cinquanta sfumature del Piacentino».
Risposta?
«Si era informata su Wikipedia».
E sulla figlia?
«Mia figlia, pontificava, difende certi valori».
D’Agostino è d’accordo?
«Si, valori bollati. Lei insisteva: Chiara è andata ad Harvard a parlare del suo blog».
Le pare poco?
«Ferragni propone il suo corpo, più che abiti griffati e sfilate. Mi spiace, ma con l’intelligenza artificiale si può creare una Ferragni senza passare dall’originale».
D’Agostino, è in vena di complimenti.
«Ma dai».
Chi è Chiara Ferragni?
«Una favolosa nullità. Cosa sa fare? Tutti concetti che ho lanciato quel giorno da Chiambretti, davanti a milioni di italiani. I tempi certo non erano sospetti».
Provi lei ad avere 30 milioni di follower. È il carisma il segreto della influencer.
«Ma lascia perdere i follower».
Negli anni sono arrivati anche gli sponsor.
«È legittimo promuovere creme e prodotti vari, ci mancherebbe. Quel che non sopporto sono i pipponi, le tirate moralistiche, il mettere in mezzo solidarietà, carità e altre virtù».
Perché?
«Perché Chiara Ferragni è un’azienda, una spa. Punto. Anzi no: un’azienda dovrebbe avere un’immagine sociale di un certo tipo».
L’immagine è compromessa?
«La Ferragni può cambiare mestiere».
Così drastico?
«Si e giocata la credibilità».
Gli italiani dimenticano.
«Gli italiani dimenticavano. Ora c’è la rete che è implacabile e in un attimo ti fa incavolare di nuovo, anche se è passato molto tempo. Una volta c’erano i giornali che la sera finivano nel cestino e il tempo medicava la rabbia, adesso è tutta un’altra storia. Non se ne esce».
«Pure lui si è messo dalla parte dei giusti».
Non dalla parte del torto, come avrebbe sentenziato Bertolt Brecht.
«Appunto. Si è seduto dalla parte sbagliata. Però è vero che il pandoro e le uova di Pasqua le aveva fra le mani lei, non lui. Potrebbe pure cavarsela, ma non è questa la cosa più importante».
E quale è?
«Queste aziende che fanno beneficenza. In realtà si tratta di maleficenza».
Maleficenza?
«C’è tanta gente che fa beneficenza, ma la beneficenza la si fa in silenzio, senza spifferarlo. Come fa la Chiesa. Questi invece ti propongono la foto del negretto che muore di fame, il bimbo dislessico o quello aggredito da un tumore. Poi organizzano una bella cena».
E dove è lo scandalo?
«Lo scandalo è poco cash, molti flash».
Tipo pandoro Balocco?
«Più o meno. Organizzano la serata contro il cancro alla mammella, poi detraggono questo e quello, alla fine cosa rimane? Al bimbo arriva qualcosa? Loro invece fanno passerella, stringono mani, allacciano relazioni, lucidano l’immagine che serve per moltiplicare gli affari. Non è beneficenza, è tornaconto. E invece è tutto un dirsi come siamo bravi ma non è così».
E come è?
«Mi viene da dire solo che sono cinici. E già gli ho fatto un complimento. Ma io avevo già detto tutto alla mamma di Chiara, quel giorno in tv. E lei a strillare: Questo è un agguato».
Che cosa le aveva detto?
«Chiara è solo una modella con delle belle gambe, non parla, non va in tv. Però il figlio si può dire che sia nato su Instagram. Anzi, per Instagram. Non era ancora venuto al mondo e già era un spot, anzi uno spottino. Ora però lei si è sgonfiata, è l’altra faccia della vestaglia. Hai visto Safilo?».
Se ne sono andati. Faranno scuola?
«La domanda la faccio io: come può pensare di andare avanti dopo quello che è successo? Poi c’erano già stati scricchioli».
Quando?
«Diego Della Valle aveva messo la Ferragni nel cda di Tod’s, credendo che il suo nome facesse vendere chissà quante scarpe. Invece è andata in un altro modo, le attese sono andate deluse e alla fine è stata messa alla porta. Ma ripeto, la cosa più grave è il meccanismo che tante società e case di moda hanno escogitato credendo così di tenere insieme il diavolo e l’acquasanta. Ma questo è solo un modo per farsi pubblicità. Altro non c’è».