Quel Buffon che parava per il Milan: “Tenaglia”, l’altro grande numero uno

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Vuoi vedere che allora si tratta di una questione di famiglia? Se oggi pronunci il cognome “Buffon”, in qualsiasi parte del mondo, da una capitale ad uno sparuto villaggio rurale conficcato nell’Amazzonia centro-meridionale, la bocca si allarga in un sorriso pensando a Gigi. Il portiere più forte della storia del calcio, moderno e non, per la folta maggioranza degli addetti ai lavori e anche per i più modesti frequentatori di bar.

Però quelle lettere lì erano già state impresse su un’altra schiena. E, per giunta, sulla maglia di uno che giocava esattamente nello stesso ruolo. Un cugino di secondo grado del nonno di Gianluigi: Lorenzo Buffon. Professione: estremo difensore del Milan per dieci anni di fila, prima di mettersi a peregrinare altrove.

Era nato nel 1929 a Susans, un manipolo di case in provincia di Udine. Fin da ragazzo si era intuito che non sarebbe diventato un gigante, ma faceva lo stesso. Quel metro e ottantuno non lo limitava tra i pali. Anzi: Lorenzo copriva la porta con riflessi da felino che assapora l’odore del cuoio in arrivo e lo ghermisce senza esitazione. Dopo un necessario svezzamento alla Portogruarese, ecco la grande chance nel 1949. Bussa il Milan del presidente Umberto Trabattoni, perché ha una certa urgenza. Il magnifico trio Gren-Nordahl-Liedholm (la celebre GreNoLi) non basta se poi quegli altri segnano.

Lorenzo Buffon
Lorenzo Buffon con la felpa del Milan (wikipedia)

“Ma ha soltanto vent’anni”, mugugna qualche sostenitore disfattista. L’allenatore ungherese Lajos Czeizler però scrolla le spalle: “Questo Buffon è buono, ve lo dico io”. Ha ragione da vendere. Lorenzo è una iattura, sì, ma per quelli che sono costretti a tirargli in porta. Para sempre in modo efficace, ma pure spettacolare, grattando le pance sugli spalti. La sua specialità è che se può non respinge quasi mai, ma blocca, neutralizzando il pericolo con una sicurezza che gli vale presto il soprannome di “Tenaglia”.

Quel Milan arriverà secondo, certo grazie ai 35 gol del famelico Nordahl, ma anche per merito delle parate di Lorenzo. Che, con quella maglia, metterà radici. Dieci anni conditi da imprese e qualche delusione che ancora lacera, come la neonata Coppa dei Campioni persa, in finale, soltanto di fronte al monumentale Real Madrid di Alfredo Di Stefano. In mezzo ci sono i quattro scudetti di quell’epoca aurea, il fragoroso 1-7 inflitto alla Juventus, con i tifosi del diavolo che appoggiano le mani sui cappelli e gridano “Rob de matt” e una quantità di altre sfide scintillanti, con i Pesaola, i Boniperti, i Virgili.

In seguito Lorenzo, oggi 94enne, sarebbe passato dal Genoa, dai cugini interisti e dalla Fiorentina, prima di diluire la sua carriera. Ma la maglia rossonera resta quella che ha pesato di più. C’era un grande Buffon, tra i pali del Milan.

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