“Il governo non lascerà morire l’ex Ilva”

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La continuità aziendale resta l’obiettivo del governo sul dossier dell’ex Ilva. Nonostante l’ennesimo rinvio assembleare che potrebbe suonare come una resa, il nuovo cda del 28 dicembre potrebbe essere il varco finale verso la risoluzione, almeno su due fronti: un primo aumento di capitale da 320 milioni a garanzia delle esigenze di cassa di breve termine (anche se alcune fonti parlano di un fabbisogno esposto per 1,3 miliardi) e l’avvio delle condizioni per programmare l’acquisizione dei rami di azienda (gli impianti), ad oggi ancora in mano all’amministrazione straordinaria.

Uno passaggio, quest’ultimo, propedeutico al rilancio, ed emerso dalla delibera assembleare che è stata portata giovedì sera all’attenzione del cda di Acciaierie d’Italia – la società che gestisce l’ex Ilva con i due soci ArcelorMittal (privato) e Invitalia (pubblica) – poco prima dell’assemblea dei soci andata in scena ieri e disertata da parte di Invitalia. Una possibile strategia del governo per mettere all’angolo il socio privato? Nella delibera, non approvata ieri ma che verrà ripresentata ieri nel cda del 28, c’è un altro passaggio importante che fa presagire una soluzione di rilievo in arrivo sul fronte della governance. L’attuale proposta prevede un aumento di capitale di 320 milioni a cui i soci dovrebbero partecipare pro-quota entro il termine del 31 gennaio 2024 «a un prezzo di sottoscrizione pari a 1 euro nominale per azione, con la precisazione che a ciascuna azione spetterà un diritto di voto secondo quanto previsto dall’articolo dello Statuto». Il diritto all’opzione «scadrebbe il 31 gennaio 2024 con un diritto di prelazione a ciascun socio sulle eventuali azioni rimaste inoptate dall’altro socio, da esercitare entro i successivi 10 giorni». Il documento apre anche all’ipotesi di un allargamento della base societaria, con una delega all’amministratore delegato pro tempore che avrebbe così la possibilità «di offrire a terzi entro il 15 marzo 2024 le azioni eventualmente non sottoscritte, allo stesso prezzo di sottoscrizione di un euro per azione». Ma i tempi sono lunghi, le incertezze tante e un primo aumento di capitale per la sopravvivenza va comunque disposto. Per questo è fondamentale che si riduca la distanza esistente tra i due soci (Invitalia e Arcelor Mittal). La settimana appena chiusa non è stata infatti esemplare da parte dei soci che hanno disertato a turno i cda, prima ArcelorMittal a inizio settimana e poi Invitalia giovedì. D’altra parte, se da un lato ArcelorMittal è pronta a intervenire in difesa del proprio investimento, dall’altra Invitalia è espressione della volontà del governo alle prese con una difficile definizione del dossier. «La prossima settimana ci sarà un altro tavolo, anche con i sindacati. Siamo convinti e lavoriamo affinchè l’Ilva continui ad essere un polo produttivo anche e soprattutto con le prospettive della riconversione green. L’unica cosa certa è che l’Ilva continuerà a produrre», ha detto ieri il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso. Come dire, non lasceremo morire Ilva. Dichiarazioni che però non hanno spento le proteste e la tensione sul fronte sindacale.

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