Un svolta significativa nella linea dura di Tel Aviv nell’operazione a Gaza. Nella serata di ieri, Israele avrebbe riconosciuto con gli Stati Uniti la necessità di una “transizione ad operazioni militari meno intense“. Lo ha riferito il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca John Kirby, senza tuttavia precisare i tempi di questo passaggio.
Il lavorìo della diplomazia al Palazzo di Vetro e alla Casa Bianca
“Gli israeliani decideranno quando e quale sarà la minore intensità e cosa ciò significa“, ha sottolineato il funzionario della Casa Bianca. “Non dettiamo termini e tempistiche agli israeliani“, ha ribadito precisando che gli Stati Uniti hanno comunicato ad Israele “l’importanza di passare a operazioni a bassa intensità“, il nodo cruciale sul quale si è infranta più volte la diplomazia in quest’ultima settimana. Joe Biden è, nel frattempo, in contatto con il team di sicurezza nazionale, compresa la squadra che è al Palazzo di Vetro, e che sta lavorando al testo della risoluzione, che ormai si negozia da giorni al Consiglio di Sicurezza, nel tentativo di ottenere che gli Usa non la blocchino con il veto, per la sospensione dei combattimenti e l’aumento degli aiuti umanitari a Gaza. Al momento la disputa è incentrata sulla formulazione che ridurrebbe la possibilità di Israele di ispezionare gli aiuti che arrivano nella Striscia. Alla domanda su come un possibile nuovo veto Usa ad una risoluzione su Gaza per questa questione si rifletterebbe sull’immagine dell’amministrazione Biden, Kirby ha risposto: “non anticipiamo i tempi, non c’è al momento una risoluzione da votare e stiamo ancora lavorando con i nostri partner su come debba essere il linguaggio. E’ importante per noi ovviamente che la situazione umanitaria a Gaza sia affrontata“.
La posizione di Hamas e delle brigate Qassem, condivisa a quanto pare anche dai detenuti palestinesi in Israele che avrebbero beneficiato dello scambio – sembra aver condizionato i tentativi in corso al Consiglio di sicurezza dell’Onu per la tregua, malgrado la Casa Bianca abbia annunciato che gli Stati Uniti stanno lavorando alla risoluzione presentata dagli Emirati Arabi che prevede “ampie pause umanitarie” in cambio del rilascio degli ostaggi.
Israele comunica i suoi risultati
Nel frattempo l’Idf comunica i suoi risultati: dalla fine della tregua a Gaza, le forze israeliane hanno eliminato “oltre 2.000 terroristi” di Hamas. “Ciò è avvenuto dal cielo, dal mare e da terra“, ha affermato il portavoce militare Daniel Hagari. Artificieri militari, ha aggiunto, hanno fatto esplodere il quartiere dei dirigenti politici e militari di Hamas: “Abbiamo distrutto quella vasta rete di tunnel, una struttura di terrorismo strategico realizzata da Hamas nel centro della città di Gaza“. Intanto a Khan Yunis, nel settore sud della Striscia, cinque brigate dell’esercito sono impegnate in combattimenti contro Hamas, “in particolare sotto il livello terrestre”.
Sul campo, Tel Aviv mette a segno un altro colpo simbolico: l’esercito israeliano ha fatto saltare in aria la moschea palestinese nel quartiere Remal di Gaza City, dopo aver usato l’edificio come base per un mese intero. Lo riporta Al Jazeera. Il filmato pubblicato dall’esercito israeliano mostra un soldato che cammina sulle macerie prima di fermarsi all’ingresso di un presunto tunnel. “Questo tunnel aveva scale e ascensore“, afferma il parlando alla telecamera, “è stato utilizzato esclusivamente dai leader di Hamas“. L’Idf afferma anche di aver assestato un duro colpo ai comandi militari di Hamas nel settore nord di Gaza.
Secondo quanto ha riferito su X il portavoce militare in arabo Avichay Adraee sono stati uccisi quattro di sette comandanti di brigata. Il messaggio, in arabo, è accompagnato dalle loro fotografie. Il portavoce consiglia ai tre comandanti rimanenti di arrendersi “o di prepararsi ad incontrare” quelli morti in combattimento. Il portavoce aggiunge che la casa del comandante più alto in grado è stata ispezionata e che vi sono stati trovati anche documenti di carattere personale. Oggi intanto l’esercito è entrato per la prima volta nel rione di Daraj-Tufach, nel settore settentrionale della striscia di Gaza. Secondo la radio militare, una volta espugnato quel quartiere l’esercito avrà assunto di fatto il controllo sull’intero settore nord della Striscia.
Un nuovo video di morte da Hamas
Hamas, nel frattempo, gela le speranze di tregua a Gaza, mentre l’esercito israeliano continua a martellare la Striscia e ad estendere il controllo su altre aree dell’enclave palestinese. “Nessun dialogo sugli ostaggi è possibile“, compresa la proposta di una settimana di pausa in cambio di 40 di loro, a meno che lo Stato ebraico non metta “fine alla sua aggressione”, ha avvertito il portavoce delle Brigate al Qassam, ala militare di Hamas, Abu Obeida, chiarendo che se Israele “vuole che i suoi prigionieri vivano, non ha altra via che fermare l’aggressione e la guerra“. Un ultimatum seccamente respinto da Benyamin Netanyahu.
A rendere ancora più pesante la situazione è arrivato un nuovo video – diffuso da Hamas su Telegram – nel quale si vedono tre ostaggi i cui corpi sono stati poi recuperati dall’esercito. Si tratta di Elia Toledano (28 anni), Ron Sherman e Nik Beizer, entrambi soldati di 19 anni. Tutti rapiti nell’attacco del 7 ottobre: il primo al festival musicale di Reim, gli altri in una base militare di confine con la Striscia. “Abbiamo provato a tenerli in vita, ma Netanyahu ha insistito a ucciderli“, scrive Hamas nella didascalia del video. Anche stavolta i media israeliani hanno scelto di non diffondere il filmato, tacciandolo di propaganda. Alla netta chiusura di Hamas all’ipotesi di una tregua limitata è seguito il lancio di almeno 30 razzi verso Tel Aviv, il centro e il sud d’Israele dopo una pausa di circa 40 ore, la più lunga finora se si esclude quella in concomitanza della tregua di fine novembre. Sul campo, l’esercito ha continuato a colpire a nord, ma soprattutto a sud della Striscia, dove i soldati stanno cominciando ad allargare le operazioni ad altre aree prima non raggiunte.